GIORGIO CHINAGLIA, UNA LEGGENDA

Non è stato solo un grande giocatore, un fantastico trascinatore, un inguaribile sognatore, un indomito lottatore.È stato uno che ha mangiato tanta polvere, ma tanta ne ha fatta mangiare.Uno che ha saputo far giore e sognare un popolo, ma lo ha anche deluso, ferito, fatto soffrire.Era capace di generosità assoluta, ma anche di arroganza infinita.Ha fatto impazzire folle, e ha conosciuto la solitudine più profonda. L’ho visto poche volte da vicino. Sono andato ad accoglierlo quando arrivò dagli Usa.L’ho incrociato un paio di volte in studi televisivi. Ma due immagini non posso dimenticare. Quel tacco un po’ goffo ma leggero con cui mandò in gol Vincenzo D’Amico, il 27 gennaio 1974, all’Olimpico, col Bologna. Saltai per aria, ricordo come fosse ora zio Umberto che ridacchava vedendomi. Una gioia incontenibile. Eravamo, eccezionalmente, in tribuna Monte Mario, unica volta della vita, ci aveva procurato due biglietti zia Clara, credo. Nel primo commento linko un video in cui lo si può vedere, quel gol che fece piangere Vincenzo. E un pomeriggio autunnale di fine anni ottanta. Ero in via Montesanto, passai davanti al ristorante Delle Vittorie. Lo vidi pranzare lì, solo, seduto a un tavolo all’esterno. Accanto alla bottiglia dell’acqua ce n’era una di whisky.Aveva lo sguardo basso, rivolto verso il tavolo.La sua schiena sembrava più ingobbita del solito.Ebbi la tentazione di salutarlo, ma non riuscii.Il groppo che avevo in gola era una montagna, non ce l’avrei mai fatta. Rubando immagini in giro, avverto chiaro ciò che già “so”: ci sono volti che non sono altro-da-te, ma sono un pezzo di te.E uomini che non sono né cronaca, né storia, né mito.Sono leggenda. [Uno solo, a parte Vincenzo, potevo “citare”, sia pure solo attraverso una sua foto, in cui rende omaggio a Giorgio: Bruno Giordano. Il più forte centravanti italiano del dopoguerra].