INTEMPERANZE GIORNALISTICHE E BULLISMO GIOVANILE
Senza farne un dramma, vorrei fosse chiaro che a molti come me non piacciono i giornalisti che rompono le scatole con insistenza a personaggi noti mentre camminano per strada fino a provocare reazioni malevole e gesti di stizza che, visti in Tv, finiranno per giocare a sfavore dell’intervistato. Mi sembrano, voglio dire, esempi di maleducazione che possono portare all’emulazione le menti più fragili che stanno di fronte ai teleschermi. Non mi piacciono nemmeno quanti generalizzano gli episodi di bullismo, il che non significa che non se ne possa parlare, ma che coloro che hanno la mia età ricordano benissimo come ce ne fossero, e di parecchio imbarazzanti (per usare un eufemismo), pure ai nostri tempi. Alcuni erano maligni e persino violenti sino a episodi di “nonnismo” ben conosciuti dai giovani di leva quando esisteva il servizio militare obbligatorio. Ciò che mancava erano i cellulari per le riprese e la rapida quanto compiaciuta diffusione di certe immagini. In molti giornali c’era un pudore bacchettone e protettivo verso le comunità locali che consentiva di tenere nascoste (con l’anonimato) talune faccende. La Rai Tv era avvezza alla censura e, in ultimo, il ruolo degli insegnanti o dei superiori di ogni ordine e grado risentiva dell’autoritarismo ereditato dal ventennio fascista. Finisco ricordando che chi veniva dalle classi agiate aveva (forse) modi compiti, ma non per questo meno brutali. Qualcuno ricorderà il massacro del Circeo di cui fu protagonista un gruppo di giovani della Roma bene, e ricorderà che non fu l’unico episodio. Solo che la spettacolarizzazione, al tempo, faceva aggio sulla brutalità per le possibilità di adattamento che forniva alla cronaca nera tanto più apprezzata quanto più pruriginosa. Insomma: non veniamo certo da un paradiso che qualcuno vorrebbe dipingere come perduto. Penso, anzi, che ce ne siano un po’ troppi che covano nostalgie di cui sarebbe meglio fare a meno.
