LE MILLE LUCI DI MILANO SARANNO UN PO’ MENO

LE MILLE LUCI DI MILANO SARANNO UN PO’ MENO

Le mille luci di Milano saranno un po’ meno, dopo il lockdown: un esercizio pubblico su tre non riapre più. E anche le catene profittano per chiudere: HM, ad esempio. La fase 1 non termina con il 4 maggio e la fase 2 non finisce con l’estate. Dovremo ridisegnare la nostra socialità. Ripartiamo dagli incontri a due, e dalle panchine ? *****Uno su tre, chiuso per sempre. Bar, ristoranti e locali di Milano levano gli scudi: non riusciranno a riaprire il 1 giugno, data indicata per la ripartenza del settore nella scaletta della Fase 2. Si tratta di duemila esercizi pubblici.Non c’è stata solo la delusione per il rinvio di una riapertura che si sperava in maggio (per ogni settimana di lockdown il settore, che in Italia conta 1 milione e 200 mila addetti e 300mila imprese, perde 1,7 miliardi). «Occorre capire come, con quali norme, a quali costi, con quali investimenti e con quali certezze poter riaprire», spiega Alfredo Zini, ristoratore e presidente Imprese storiche di Confcommercio Milano. Ieri sera oltre 2.500 locali hanno acceso le luci che illuminano la città, «presumibilmente per l’ultima volta», e stamattina consegneranno virtualmente le chiavi al sindaco Beppe Sala.Oltre alla riduzione e al maggiore distanziamento dei tavoli, i ristoratori si interrogano su «quante volte al giorno occorrerà sanificare i locali e in che modo? Qual è il numero massimo di persone che potranno sedere per tavolo?». C’è poi il lato del sostegno economico: le imprese stanno anticipando la cassa integrazione (e si chiedono se verrà interrotta con la ripartenza), attendono ancora i prestiti dalle banche (che per molti si stanno rivelando impossibili da ottenere), ci sono fornitori e utenze da pagare. Confcommercio ha stimato, per un ristorante di 200 metri quadrati con quattro dipendenti e due titolari, un costo di riapertura di 6mila euro. Alla ripartenza, il contingentamento degli ingressi e il maggiore distanziamento dei tavoli significheranno meno clienti e minori incassi a fronte di spese che per molti non saranno sostenibili. «Ci hanno lasciati da soli – dice Raffaele Sangiovanni, titolare del ristorante Taglio di via Vigevano -. La nostra banca, Ca.Ri.Ge, verso cui non abbiamo mai avuto neanche un insoluto, ci rifiuta un piccolo prestito di 25mila euro indispensabile per ripartire, dopo i debiti accumulati in questi mesi. Hanno deciso di sacrificare, dopo gli anziani, le piccole imprese?».