UN DISORDINE (APPARENTEMENTE) TRASANDATO
Solo in pochi casi il trauma è stato così forte.Nonna Renata (1983), mio padre (84), nonno Nino (84), Eduardo (l’unico Eduardo di cui basta dire “Eduardo”, 84), Sciascia (89), mia suocera Dinda (2000), Antonio/Agenore (06), GengiTrotta(10), Pino Daniele (15), zio Umberto (15), Custode (15), Marcone (16). E Sofia (05), ma questa è una storia a parte. Volar via prima di vedere il mondo è davvero una cosa troppo particolare.E (non mi vergogno a dirlo), anche per compagni di vita come Ottavilla, o Ginetto. Angeli, per definizione. Ora con Massimo.Un dolore sordo, una sensazione di smarrimento vero. Una torcia spenta. Una bussola senza più lancetta indicatrice. A Monteverde c’è un punto bellissimo, vicino via Poerio. Via Cavalcanti. Lì c’è una villa magica, in cui abita – ora credo solo a tratti – Enzo Modugno. Una delle menti migliori del Movimento del ’77.Uno che non ha scritto quasi nulla. Da vero movimentista, crede nella cultura orale.Intelligenza vivissima. Anticipazioni eccezionali, nelle sue analisi. Un vero pioniere della modernità, a mio modo di vedere. Uno dei pochi capaci di usare Marx in chiave libertaria, per analizzare a fondo la società post-industriale, quella che Marx non aveva potuto neanche immaginare. Andammo con Massimo a intervistarlo, nel 2006.Avevo da poco la mia nuova Honda FRV. Una macchina strana, una sei posti.Lo andai a prendere sulla Colombo, mi pare. Salì e lo vidi incuriosito. Ora ho scoperto che era appassionato di automobili. Io lo sono, da sempre, non sapevo lo fosse lui, anzi temevo non gliene fregasse nulla. Per cui risposi con pudore alle sue domande, lungo il tragitto.– Quante marce ha?– Cinque.– Ah… strano. E come fa se vai sopra i 130?– Eh… le Honda hanno le valvole a fasatura variabile, per cui sopra un certo numero di giri è come se entrasse in funzione un altro motore… infatti va molto su coi giri, arriva a 5.500/6.000.– Caspita. Interessante. Però vedo che puoi andare in terza pure a 30-40 all’ora, senza scalare.– Si si, ha la coppia bassa, da questo punto di vista è come un diesel.– Molto interessante. Bella ‘sta macchina. Poi mi piace il cruscotto. E i consumi?– Ottimi Massimo. Incredibile, questi della Honda stanno decenni avanti.– Si stanno avanti quanto a tecnologia, però i giapponesi sono pure quelli che se finisce la guerra rimangono nella foresta, e se ne accorgono dopo, che è tutto finito. Rimasi colpito dalla battuta. Come sempre. Una battuta che diceva mille cose, usando un pugno di parole.Usai con prudenza termini tecnici, da amante dei motori. Pensavo di aver fatto una figura di merda. Solo da pochi giorni ho invece scoperto, dai racconti di Massimo Teodori, e del figlio di Marianna, che gli piacevano le auto. E la velocità. Fumò, ovviamente, in auto. Ma fu molto premuroso nel chiedere se poteva, e se dovevamo tenere aperti i finestrini, e quanto.– Non preoccuparti, io ci fumo dentro i sigaretti.– Vabbè allora gioco in casa… però non si sente – rispose. Da Modugno c’era ancheLorenzo, il mio amico più caro, il volatore di aquiloni.La casa colpì molto Massimo, non poteva essere altrimenti. Migliaia di libri arrampicati su librerie altissime, fino al tetto. Mobili antichi, luce non accecante.Un disordine incredibile, apparentemente trasandato ma enormemente intelligente, come il padrone di casa. Nel testo dell’intervista, che un giorno spero di poter pubblicare, come il resto di quel volume sul ’77 cui ancheMicheleha collaborato, e che in questi giorni ho riletto ripetutamente, Massimo indulge anche nella descrizione della casa, e di Enzo. Come sempre con sintesi perfette, brucianti, eccelse.Intelligenza pura, come sempre.La stessa delle domande sottoposte a Modugno, e delle risposte di quest’ultimo.Un dialogo tra menti capaci di vedere cose che i più non sanno neanche immaginare. Voli fantastici, riflessioni illuminanti. Quella sera che andammo con Massimo da Modugno faceva poco freddo. Parcheggiai davanti casa tua,Ernesto“Bax”, ma non sapevo ancora, che tu abitassi lì. In questi giorni sono ripassato da quelle parti.Per andare dal mio calzolaio. Edgar, il peruviano. Che ha preso il posto di Massimo, un ragazzo che aprì la sua botteguccia lì a inizio anni ’90. Ti riparano qualsiasi cosa, con pochi spicci. Non butto più scarpe, dai primi anni ’90. Mai puntuali, sia Massimo allora che ora Edgar, ma bravissimi, entrambi, e onestissimi.Anche nel loro negozio, un disordine apparentemente trasandato, ma intelligente. Sono ripassato lì, da quelle parti. E osservando via Cavalcanti da sopra, senza avere coraggio di percorrerla, per non essere travolto dalla tristezza, ho pensato al fatto che molto spesso un disordine apparentemente trasandato, è il compagno migliore di intelligenze sopraffine.Vale per Lorenzo, il filosofo-volatore di aquiloni, per Enzo, e il suo salotto, per Edgar e il suo laboratorio. E perBordin, e la sua – straordinariamente bella – stanza di lavoro, a Radio Radicale.
