BRAD PITT. IL RAGAZZO E’ DIVENTATO UOMO

BRAD PITT. IL RAGAZZO E’ DIVENTATO UOMO

Tra le tante pellicole cinematografiche attualmente in circolazione, due hanno lo stesso attore protagonista: Brad Pitt. Ammetto di essere andato a vederle tenendo sempre in mente una sorta di pregiudizio nei confronti di Pitt, il bel ragazzo, il bel volto, con alle spalle anche film importanti ma in qualche modo sempre incentrati sulla sua apparenza fisica. Dal suo primo successo sul grande schermo , nella parte del giovane seduttore truffatore nel film in Thelma e Louise, ha ottenuto diversi riconoscimenti, non riuscendo però a slegarsi dalla sua immagine, tanto è vero che alcune riviste internazionali continuano ad accreditarlo come l’uomo più attraente del mondo, ed anche nei ruoli più recenti era sempre posta l’attenzione sulla parte estetica, pur rivestendo ruoli importanti. Ora invece, con “Ad Astra” e “C’era una volta ad Hollywood”, l’attore ha fatto dimenticare il bel ragazzo, proiettandolo in un empireo diverso, quello dove risiedono i grandi nomi. Nella prima pellicola interpreta un astronauta impegnato a raggiungere Saturno, per ritrovare il proprio padre. Un film di fantascienza molto sui generis, e per chi ricorda pellicole come Solaris non sarà nuovo il concetto di viaggio all’interno della propria mente dovuto alla solitudine ed alla prolungata inattività. Ciò che viene però mostrato non riguarda solamente le scenografie o le ambientazioni, i primi piani sono sulle rughe, sottolineando segni di mutamenti epidermici ed estetici, senza tralasciare alcuna imperfezione,  come a ricordarci che in quella tuta spaziale, dentro quella astronave, c’è un uomo, una persona qualunque, e pertanto l’immedesimazione è totale proprio perché si riesce a travalicare il senso della estetica hollywodiana, del divo mascherato. Nell’altro film, firmato da Quentin Tarantino, il nome di Pitt è successivo a quello di Leonardo Di Caprio, altra icona sdoganatasi dalla immagine di bello e basta, grazie a film impegnati girati con ostinata caparbietà, alla ricerca di un senso della recitazione che implicasse il soggetto cinematografico vero e proprio. E Brad Pitt qui va oltre, mostrando la maturità dell’uomo senza rinnegarsi, senza esasperare nessuno dei suoi tratti, ma riuscendo invece ad amalgamarli. Fa un certo effetto sentirlo definire “un vecchio con camicia hawayana”, ma probabilmente il regista ha voluto rimarcare quel concetto che è parte integrante della vita, il tempo passa per tutti, ed il transito risulta agevole, o meno, a seconda della nostra percezione. Se in “Ad astra” l’odissea è assolutamente personale,  ed il viaggio una metafora della ricerca delle nostra radici, in “C’era una volta ad Hollywood” si è preferito mostrare il non cambiamento dei tempi proprio andando a rivisitare la fine degli anni 60, l’età dell’innocenza che lasciava il posto ai ’70, alle droghe, al rock pesante. Ed in entrambi i casi Brad Pitt mostra il suo vero volto, quello di un uomo che vuole essere sostanza,  non apparenza. Il rischio era grande, ma lo ha premiato, e se prima noi, genere maschile, invidiavamo il suo successo con le donne, ora dobbiamo invidiare anche la sua bravura e la sua capacità di mostrarsi senza filtri, ed in questa epoca di filtri ce ne sono fin troppi.