IL PANINI “MADE IN CREMONA”
Raccontino della notte. L’ho pensato prima di prender sonno. All’inizio fu Roberto Burioni, in prima linea contro i no-vax. Correval’anno 2016. Da marzo di quest’anno abbiamo familiarizzato con Maria Rita Gismondo, capa del reparto di Microbiologia, virologia e diagnostica bioemergenze del Sacco di Milano. E con Massimo Galli, infettivologo, anche lui del Sacco. Via via, attraverso la tv, nei nostri tinelli sono entrati il virologo Fabrizio Pregliasco, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano, il professor Pierluigi Lopalco, epidemiologo. A forza di vederlo (e di ascoltarlo) giù a Roma, alla tradizionale conferenza stampa delle 18, sentiamo un po’ amico il professor Giovanni Rezza, dell’Istituto ricerca e sanità, epidemiologo ricordato, anche, per la frase: «La fase 2? Non sarà tana liberi tutti». Da Padova abbiamo conosciuto il virologo Giorgio Palù, dalla Francia ci ha rassicurato il professor Luc Montagnier, premio Nobel, scopritore dell’Hiv, secondo il quale «il Covid-19 scomparirà da solo». Se Montagnier tranquillizza, dagli Stati Uniti frena Ilaria Capua, virologa di fama internazionale, ex politica da noi. É così cauta che l’amata Minnie qualche giorno fa ha fatto irruzione nella sala da pranzo-redazione: «Io la Capua non la ascolto più: mi mette troppa paura». «Dai Minnie, non parla una qualsiasi, è la Capua». È che da 50 giorni noi non virologi, non epidemiologi, non infettivologi, non scienziati siamo in un frullatore di informazioni. Soprattutto, siamo disorientati. Stamane, dopo il caffè e la doccia, do una sbirciatina a Facebook. Scorro e finisco sulla bacheca di Edoardo Caprino, giornalista. Mi vien da sorridere. Pubblica il ‘Panini’ dei virologi con la copertina che per tutto il giorno girerà su Facebook, rimbalzerà su WhatsApp. Mi fa ridere il commento di Caprino: «Scambio un Rezza con due Galli». Mi viene una idea e ve la butto lì. Un ‘Panini made in Cremona’. Perché se in tv vanno sempre i soliti noti, si sappia che dall’emergenza sanitaria sono emersi medici cremonesi che ci riempiono di orgoglio. Di Cremona è Annalisa Malara, l’anestesista di Codogno che contro la prassi, ha fatto il tampone a Mattia, «il paziente 1», individuando, per prima, il focolaio italiano della malattia. Di Cremona è Claudia Balotta, infettivologa: ha coordinato l’équipe dell’ospedale Sacco di Milano, riuscendo ad identificare il ceppo italiano. Di Cremona è Marco Stabile, primario di Chirurgia Plastica all’ospedale di Castel San Giovanni (Piacenza), primo, in Italia, a provare l’eparina sui suoi pazienti Covid-19, con successo. Poi accade che alcuni vogliano prendersi il merito, che altri lo attacchino, ma Stabile e i colleghi, al lavoro giorno e notte in un ospedale di provincia, tiran dritto. È l’invidia, bellezza! E di Cremona è Antonio Bertoletti, alla guida dei ricercatori del centro Duke Nus di Singapore. Alla collega Lucilla Granata ha spiegato: «Sono uno specialista di malattie infettive e un immunologo, esperto di cellule T, linfociti T. In questo momento sto studiando il virus, il Covid -19, nello specifico la risposta adattiva delle cellule che dovrebbero andare a lisare quelle infettive. C’è chi studia gli anticorpi, io mi occupo di studiare questa parte più difficile da sperimentare, più complessa, però altrettanto fondamentale. Studiamo, cerchiamo una cura. Non sappiamo tanto di questo virus, iniziamo a conoscerne qualcosa ora». Questi medici sono i nostri cervelli «made in Cremona». Io li metto nel mio Panini insieme a tutti i medici sul campo, da Casalmaggiore a Spino d’Adda. Scusate il disturbo.
