IL PD: PARTITO DI SINISTRA O ALTRO?
Leggendo l’intervista concessa oggi dal Segretario PD Guglielmo Epifani, più di una volta, mi sono chiesto se fosse lo stesso Epifani che, fino a pochi anni fa, guidava la CGIL. Così come si ha problemi a credere che chi rispondeva alle domande della giornalista fosse il segretario del più grande partito della sinistra italiana (forse), e non il rappresentante di un partito di centro. E forse è sta proprio in questo passaggio il punto problematico del PD di oggi. Eppure Epifani rassicura “le idee le abbiamo chiare”. Il problema, a questo punto, è quale siano queste idee. Perché da un leader della sinistra, ed ex leader della maggiore confederazione sindacale italiana, sentir dire che le risposte, loro, le danno con i fatti, e tali fatti esemplari, della vicinanza ai lavoratori, sono il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, il prolungamento dei contratti precari della PA e il rifinanziamento dei contratti di solidarietà è un brutto segno. Soprattutto è prova dell’assoluta confusione di idee sui problemi fondamentali del lavoro. Non si può continuare a ritenere centrale, nella politica economica, ricorrere misure ontologicamente limitate nel tempo, pur se necessarie data la situazione, e tralasciare i problemi strutturali, della mancanza del lavoro, della pressione fiscale sulle imprese, del costo del lavoro, della difficoltà delle medie imprese, che continuano a chiudere. Si continua, invece, a rincorrere un consenso elettorale effimero tramite misure emergenziali, senza affrontare i nodi strutturali. Tra l’altro rincorrendo la destra sul suo terreno, sapendo già di perdere. Ma Epifani rigetta l’accusa che il PD sia al traino del Cavaliere, e insiste sulla vicenda IMU, a suo dire emblematica del fatto che il Governo non sia ostaggio del PDL. Ma il sottolineare che le misure riguardano solo una sospensione temporanea dell’imposta, e non una sua abrogazione o meno ancora sia in vista un rimborso di quella dello scorso anno, non cancellano il fatto che la campagna elettorale del PD è stata impostata, in buona parte, nel criticare le favole populiste berlusconiane, per poi, di fatto, aver dovuto cedere sull’IMU per non far cadere un Governo, che sui ricatti del Cavaliere vive. Ma tornando alla manifestazione della FIOM, è sicuramente notevole leggere l’ex Segretario Generale della CGIL dire che il PD le piazze le ascolta, ma il compito di un partito di Governo è quello di dare risposte e non scendere in quelle stesse piazze. Eppure solo pochi anni fa lo stesso Epifani chiedeva al PD di essere più presente in mezzo ai lavoratori e provare a rappresentarli a livello politico. Ma quel passaggio dell’intervista è significativo delle idee del PD attuale. Curiosa, innanzitutto, l’idea che un partito della maggioranza non possa scendere in Piazza, in una manifestazione che non aveva come fine di criticare la compagine governativa, ma solo di presentare una piattaforma programmatica. Quest’idea dell’asservimento del partito al Governo, che non trova riscontro nella Costituzione, che anzi prevede come ipotesi rapporti conflittuali tra esecutivo e Parlamento, non auspicandoli evidentemente ma regolandoli, è segno della debolezza cronica della politica nei confronti del potere esecutivo. Ma è un’idea aberrante. La politica non deve essere serva del Governo, ma anzi esserne il motore, fare proposte, assumersi la responsabilità della protesta necessaria, scendere in piazza al fianco dei lavoratori, che incidentalmente osservo dovrebbe rappresentare. Invece no, la crisi dei partiti è talmente profonda, per cui le azioni politiche sono ormai delegate ai rappresentanti del Governo; ma in questa prospettiva appare davvero complicato trovare l’utilità degli stessi. Vi è, ancora, un’idea settaria della politica, per cui chi siede in Parlamento sembra non volersi mescolare con chi protesta. Sembra che i rappresentanti politici si siano elevati in una specie di torre da cui, come veri demiurghi della società, guardano ciò che succede in basso, e cerchino di risolvere i problemi di chi combatte ogni giorno. Ma almeno ci riuscissero. Invece ciò che accade è proprio l’opposto. Sono talmente chiusi nei loro problemi, talmente slegati dalla società, che ormai sono incapaci di individuarli i problemi. E sono talmente abituati a sentire, senza ascoltare, che non riescono più a vedere. Inoltre danno l’impressione, peraltro assolutamente vera, di una tale lontananza che ormai è letta come disinteresse. Poi non ci si stupisca se Grillo, che in piazza ci va, prenda il 25% dei voti. La piazza non è un luogo di populismo sfrenato, almeno non necessariamente. E’ la società che chiede aiuto. Una sinistra vera non dovrebbe sfuggirla, dovrebbe andargli incontro e comprenderla; e nessuno meglio di Epifani queste cose dovrebbe saperle. Ma il passaggio per certi versi centrale del discorso è un altro; e precisamente quando Epifani dice “C’è anche una scelta di fondo che ha sempre accompagnato il Pd, e cioè di rappresentare tutto il mondo del lavoro e anche gli altri mondi sociali, non solo un parte”. Che il Pd avesse smesso di preoccuparsi dei lavoratori, per rappresentare ben altro, era una sensazione che avevano avuto in molti, tra cui quei milioni di elettori, soprattutto lavoratori dipendenti, che negli anni hanno smesso di votarlo. E qui siamo al punto centrale di quello che dovrà essere il discorso futuro. Cosa si vuole fare di questo partito, un tempo di sinistra, ed ora alla deriva? Lo si vuole conservare nell’area del socialismo, e dunque caratterizzarlo principalmente come partito di riferimento del mondo del lavoro, oppure se ne vuole fare altro? Perché l’impressione attuale, e non credo si tratti solo di impressione, è che il PD al momento sia un moderatissimo partito di centro, totalmente avulso dal mondo dei lavoratori, e succube del mondo imprenditoriale e finanziario. Nessuno obbliga chi non vuole a rappresentare i più deboli, i lavoratori, i precari, i disoccupati, è una missione difficile ed ardua, che necessità di persone convinte della necessità di proteggere le parti più deboli della società. Però, in caso sia così, lo dicano, gettino la maschera. Almeno gli elettori saranno meno spiazzati davanti a certe scelte. Non per nulla Sergio Cofferati ha criticato la scelta del PD di disertare la piazza. Non per nulla Epifani critica la sinistra che in piazza ci è scesa, ed etichetta questo ritorno alle due sinistre un ritorno al passato. Forse sarà anche un ritorno al passato, ma più probabilmente no, per il semplice fatto che la sinistra, quella vera che non ha tradito i propri valori, in piazza c’era. Chi mancava era il PD, ed oggi definirlo partito di sinistra è difficile. Ed allora, forse, sebbene il Segretario smentisca seccamente, non ha tutti i torti Landini, quando dice che gran parte del PD ha paura a scendere in piazza, perché sarebbe sonoramente fischiata e duramente criticata; segno della distanza siderale di questo partito dai problemi che, fino a ieri, rappresentavano la sua piattaforma programmatica. Ma forse, oggi, quello che manca è proprio un programma, un’idea di cosa il partito dovrebbe rappresentare, dei valori di cui si fa portatore. Questi saranno, dovranno essere, i punti centrali da trattare al Congresso Nazionale, quando si farà. Il PD dovrà dire chiaramente all’elettorato cosa è diventato e cosa vuole essere.
