TURCHIA. ATTACCO ALLA LIBERTA’. FERMATI DALLA POLIZIA DIVERSI AVVOCATI.

TURCHIA. ATTACCO ALLA LIBERTA’. FERMATI DALLA POLIZIA DIVERSI AVVOCATI.

Come insegna Calamandrei “La libertà è condizione ineliminabile della legalità; dove non vi è libertà non può esservi legalità”, ma è anche vero il suo opposto, ovvero che senza legalità non si potrà mai godere della libertà. Perché una delle condizioni affinchè vi sia piena libertà è  l’esistenza di un sistema basato sulla giustizia; e la giustizia può esservi solo ove vi siano soggetti pronti a tutelarla: gli avvocati. In conclusione senza Avvocati non vi sarà mai giustizia né libertà. Queste considerazioni, oggi, fanno temere sempre di più per quello che sta avvenendo in Turchia. La protesta, partita ormai una decina di giorni fa, iniziata per la tutela di un luogo, il Gezi Park, e trasformatasi in una protesta sociale di ben maggiore portata, ha scatenato la repressione del Governo del Premier Erdogan; repressione che ieri ha toccato il punto più grave con l’arresto di un numero imprecisato di avvocati ad Istanbul. Non vi sono certezze né sul numero dei legali fermati – chi parla di 20 arresti, chi arriva fino al numero incredibile di 80 – né sulle vere cause, pare che alcuni siano stati arrestati per aver fatto il loro dovere (che, detto per inciso, coincide con una necessità di ogni regime democratico e libero), cioè difendere coloro che erano stati fermati nei primi giorni della protesta. Secondo altre fonti sarebbero stati arrestati per aver protestato contro il fermo di alcuni colleghi, nonché contro i metodi brutali utilizzati dalla polizia turca per sedare la rivolta. Non è da escludere che possano essere vere entrambe le ipotesi, ma le notizie dalla Turchia, al momento, non sono particolarmente libere né precise. Ciò che è sicuro, e di una gravità sconvolgente, è che ieri pomeriggio agenti della polizia antisommossa hanno fatto irruzione all’interno della Procura di Caglayan, a Instabul, fermando i legali che protestavano. Così riferisce la Contemporary Lawyers Association. L’associazione degli avvocati di Ankara ha immediatamente commentato “La detenzione degli avvocati da parte della polizia dovrebbe dare l’idea del regime democratico in cui viviamo”. Ed anche in Italia, ieri sera, sono state organizzate varie forme di protesta a sostegno degli avvocati turchi. A Catania, parte dell’avvocatura si è riunita davanti al Palazzo di Giustizia per esprimere solidarietà ai colleghi; ed anche l’OUA, l’organismo unitario dell’avvocatura, si è espresso tramite il proprio Presidente, Nicola Marino, che ha detto “questa notizia, se confermata, sarebbe un duro attacco al concetto stesso di democrazia, alla separazione dei poteri e al principio di indipendenza della giustizia dal potere politico. Quella riportata da diversi media sull’arresto di oltre 20 avvocati a Istanbul è un pessimo segnale per un paese ormai considerato europeo: la Turchia non può proseguire su questa strada, quella della negazione dei diritti. Chiediamo l’intervento urgente dell’Italia e la condanna dell’Unione Europea: giù le mani dall’avvocatura e dal diritto di difesa“. Che il clima che si respira in Turchia, al momento, sia proprio quello di una soppressione generalizzata dei diritti di libertà lo si evince anche da altre notizie, che giungono da altre parti del Paese. Così ad Adana ci sarebbero stati 5 arresti, altri 34 a Smirne, con l’accusa di aver organizzato la protesta via internet. Un quotidiano ha pure riportato i pericolosissimi messaggi incriminati: “incontriamoci a Piazza Gundogu alle 19:30”, “non andare a Piazza Losanna, c’è la polizia” o “ci stanno prendendo a manganellate”. Questo dà l’idea di un vero e proprio attacco del Governo alle libertà minime della popolazione, con il tentativo di sopprimere ogni forma di libertà di espressione. Ed allora non ci si stupisca se è entrata in gioco anche la censura. Il Consiglio Supremo della Radio e della TV, organismo di controllo di nomina governativa, ha multato le piccole tv indipendenti, che mostravano le immagini della protesta, con la giustificazione che quelle immagini avrebbero danneggiato lo sviluppo fisico, morale e mentale di bimbi e giovani”. O forse per evitare che la popolazione vedesse il comportamento della polizia – ieri sono circolate le immagini di un poliziotto che sparava alla testa ad un manifestante, e nei giorni scorsi sono trapelate voci, non confermate, di violenze sessuali punitive -, e per impedire che lo spirito della rivolta, ormai trasformatosi in vera e propria rivendicazione di laicità dello Stato e libertà individuale, possa attecchire e propagarsi. Tornando agli arresti degli avvocati, simbolo della più becera volontà di sopprimere ogni forma di libertà e giustizia, bisogna ricordare come non sia la prima volta che ciò accade in Turchia. A gennaio, infatti, erano stati arrestati dodici membri del Chd, l’Associazione degli Avvocati Progressisti, tra cui il loro Presidente. Gli Avvocati fermati erano noti per il loro impegno a tutela dei diritti umani; ed infatti se l’accusa era quella di avere contatti con un’organizzazione di estrema sinistra, per l’Associazione Human Rights Watch, il loro interrogatorio avrebbe avuto come fulcro solo la loro attività professionale, ed in particolare il loro impegno nell’Associazione Chd e nella difesa dei diritti umani. Ciò che sta accadendo in Turchia, con un chiaro attacco ai diritti ed alle libertà fondamentali, è inconcepibile per una Nazione che ha lo status di candidato ad entrare nell’Unione Europea. Forme di repressione, come quelle a cui stiamo assistendo in questi giorni, sono intollerabili, e l’intervento dell’UE è necessario ed improcrastinabile. Stamattina, è arrivato il comunicato dell’Unione delle Camere penali italiane, a sostegno dei colleghi turchi. “Nel corso della giornata di ieri, come ampiamente diffuso dai media internazionali, in Turchia sono stati arrestati, all’interno del tribunale, decine di avvocati riuniti in assemblea per protestare contro il trattamento riservato dalle autorità alle persone arrestate in questi giorni durante le manifestazioni di protesta.Le immagini sconvolgenti di avvocati trascinati fuori dal tribunale con la toga indosso turbano e scuotono profondamente l’avvocatura penale italiana.Togliere la libertà ad un avvocato, violarne la toga all’interno di un tribunale, nel momento in cui, come sua precisa missione ed obbligo deontologico, denuncia la violazione dei diritti fondamentali dei cittadini, è un atto di gravissima intimidazione ed un segno pericoloso per ogni Comunità.Il Governo e lo Stato italiano, non possono rimanere silenti di fronte ad un accadimento che trascende dalla regolazione degli affari interni di una Nazione, peraltro legata all’Italia da accordi politici e militari, e che si traduce nell’aperta violazione dei principi fondamentali tutelati dalle convenzioni internazionali.Nell’esprimere estrema indignazione e piena solidarietà ai colleghi colpiti dalle illegittime misure, l’Unione delle Camere Penali sollecita il Governo ad intraprendere tutti i passi necessari per ripristinare la libertà professionale e la libera manifestazione del pensiero dell’avvocatura turca”. Chiudiamo esprimendo solidarietà e vicinanza ai manifestanti turchi ed agli avvocati arrestati, e facendo nostro il grido con cui si esprime la protesta di questi giorni in Turchia “Taksim è ovunque, la resistenza è ovunque”.