CORONAVIRUS – SE ANCHE PAPA FRANCESCO DICE NO ALLE CHIESE APERTE

CORONAVIRUS – SE ANCHE PAPA FRANCESCO DICE NO ALLE CHIESE APERTE

Spiace dirlo a chi è credente, ma come si fa a condividere chi si lamenta perché il governo ha negato il culto nelle chiese se non a certe condizioni? Come si fa con più di 26.000 morti per un virus che non perdona e ancora imperversa nel Paese a pretendere di più? Come si fa ad identificarsi con chi, all’interno della chiesa stessa, è in antitesi con il rappresentante di Cristo in terra: il Papa? Il Papa che proprio oggi al contrario, invita tutti all’obbedienza e al rispetto delle norme di sicurezza emanate dal governo per evitare il ritorno della pandemia, di fatto smentendo in pieno la CEI. Da che parte si pongono in questo caso i credenti, i cristiani? Con il Papa o contro il Papa? Senza contare poi che in tutto questo vi è la grande contraddizione con il principio cristiano che Dio è in ogni luogo, basta aprirgli il cuore e lo si raggiunge, almeno è quanto hanno sempre affermato i “ministri” di Dio. E poi dove lo mettiamo il rischio che si corre assembrando un numero di persone al chiuso, forse non si riesce a capire che il rischio è la vita, propria e degli altri? E non è la vita il bene assoluto al quale la chiesa si rifà? Non mi pare di aver sentito questa considerazione sulla vita che la CEI è sempre andata a sbandierare ai quattro venti se non quando si parlava di legge 194 e di eutanasia, salvo ritornare al silenzio in merito agli immigrati morti in mare, solo il Papa li ha menzionati. Dove è finito quindi il rispetto per questa? In tutto questo c’è un parallelo, è triste dirlo, tra CEI ed opposizione.  Entrambi agiscono infatti contro il proprio governo con modi e tempi da eversori incitando alla disubbidienza, chi contro il Governo Conte, chi addirittura contro Papa Francesco. Ma anche tutto questo è contro la libertà, anche questa è una costrizione, una costrizione al volere di chi però va contro il bene comune, contro la prudenza pur sapendo che questo mette a rischio la vita propria e quella degli altri. Un rischio “apprezzato” di cui si dovrebbe fare promotore la CEI, ed utile, sarebbe forse quello di ordinare ai propri “ministri”, sempre con le dovute cautele, di assistere i malati, di impartire i sacramenti dovuti a chi è in fin di vita, anche quello è un dovere per un vero cristiano. Ma di questo non se ne sente né se ne parla. Sarebbe poi opportuno che la CEI, e non solo loro, estendesse il suo “interesse” verso l’Italia agli altri enormi problemi che ci sono da risolvere, molto più importanti perché trattano della sopravvivenza dello Stato stesso e quindi dei cittadini. Questo senza nulla togliere a chi vuole pregare Dio perché ci aiuti facendolo però senza creare ulteriori problematiche a chi sta cercando soluzioni al di là della politica, per il bene comune.