GIANNINI, IL DIRETTOR CINQUE COLONNE, PER ORA CAMBIA POCO

È interessante, almeno è interessante per me, osservare le piccole o grandi novità grafiche, quindi anche editoriali, che in genere ogni nuovo direttore introduce quando arriva alla guida di un giornale. Non è solo una faccenda “estetica”, anche se la gradevolezza conta, nel senso che una prima pagina pulita, ben ordinata e ben titolata, non impersonale, con qualche tocco eccentrico ma non troppo in circostanziate occasioni, invoglia all’acquisto e alla lettura, specie in questi mesi di “confino” casalingo. Non che io, a dirla tutta, legga più i giornali di carta, ne compro solo uno, due volte a settimana, se va bene. Però, magari per antica consuetudine, mi piace riflettere su quel particolare impasto di gusti personali, interessi industriali e gerarchia delle notizie che presiede alla composizione di una prima pagina.Ma vengo al sodo. Ho dato uno sguardo a “La Stampa”, da pochi giorni pilotata da Massimo Giannini, fino a una settimana fa direttore di Radio Capital ed editorialista di “la Repubblica”. Salendo a Torino, il giornalista che provò a rifare “Ballarò” su Raitre ha congegnato per la prima solo titoli a tutta pagina. Un tempo si sarebbe detto “a nove colonne”, ma nel caso di “La Stampa” le colonne a disposizione per la prima sono cinque (dentro sei). Oltre non si può andare. Ogni giorno, da sabato scorso, se non vado errato, Giannini ha fatto titoli così, appunto a tutta pagina, su una riga, il che significa enfatizzare al massimo la notizia scelta per “aprire” il giornale con il rischio di una certa assuefazione.In verità succedeva anche prima con Molinari, con rare eccezioni, almeno dal giorno del “lockdown”, così mi fa notare il collega Guido Tiberga, che lavora lì e quindi se ne intende. Il che vorrebbe dire che per ora il nuovo direttore non ha messo mano radicalmente, tranne qualche minima modifica nel tono della titolazione, all’assetto grafico del giornale, probabilmente per offrire un rassicurante senso di continuità e non “stressare” i lettori torinesi, piuttosto tradizionali. Poi, certo, “La Stampa” ha già perso qualche firma illustre subito traslocata a “la Repubblica” al seguito di Molinari, ad esempio Gustavo Zagrebelsky o Linda Laura Sabbadini, ma Giannini ne porterà di nuove, di suo gradimento.In ogni caso quella dei titoli a tutta pagina resta una pratica rischiosa, così almeno mi hanno insegnato, anche se è abbastanza in uso nei quotidiani locali, sempre che “La Stampa” tale sia diventata. Mi auguro di no, visto il nome glorioso che porta. Ciò detto, mi chiedo: che cosa mai potrà inventarsi Giannini quando accadrà qualcosa di ancor più rilevante sul piano della cronaca (politica, economica, sanitaria, internazionale)? Aggiungerà una seconda riga a cinque colonne?