GIROLIMONI. IL MOSTRO CHE NON C’ERA
Girolimoni, il mostro di Roma. Gino Girolimoni, così si chiamava, ma il nome non è mai importato a nessuno,perchè già il cognome si prestava fin troppo bene alle battute, alle allusioni, e suonava perfettamente alle orecchie degli italiani. Avevamo anche noi il nostro Jack lo squartatore, la fiera Italia onesta e pura, di quando i treni arrivavano in orario e la parola d’ordine era,vabbè, ce ne erano tante di parole d’ordine. Ma lui, Girolimoni, che soddisfazione diede al regime, l’aver trovato il mostro dandogli una identità fu un colpo magistrale, e peccato che non ci fossero i social, altrimenti il tribunale mediatico composto da giudici leoni da tastiera avrebbe adempiuto al suo compito in modo ineccepibile. Ma chi era Girolimoni, e perchè divenne il mostro? In realtà all’epoca in cui Gino venne accusato, il regime era ancora in fasce, anzi,in fascetta nera, ma la stampa italica aveva bisogno di farsi notare, una marchetta era necessaria per ingraziarsi il futuro astro nascente della politica, e così iniziò la triste vicenda di Gino. Erano gli anni 20, e mentre altrove trionfava la Belle Epoque, da noi era periodo di maratone, anzi, di marce, le marce su Roma e le mele marce da mostrare alla popolazione. E nel 1924 un evento sconvolse la vita della Capitale, un rapimento, quello di una bambina, Emma Giacomini, di quattro anni. La piccola venne ritrovata la sera del giorno stesso della sua scomparsa, con evidenti segni di violenza, ma senza tracce di stupro. Pochi mesi dopo un’altra bambina, Bianca Carlieri, fu trovata morta, per strangolamento, dopo aver subito violenza sessuale. Aveva 3 anni. E poi ancora, nello stesso anno, Rosa Pelli, ritrovata morta anche lei. La gente iniziò a preoccuparsi, il mostro si aggirava in città, e Benito Mussolini, non ancora Duce ma già con un piede nel governo, sollecitò l’arresto del responsabile. L’anno dopo, nel 1925, ancora non erano stati trovati indizi sul responsabile, ed intanto le vittime aumentavano. Altre 4 bambine stuprate, 2 di loro uccise, con età che andavano dai 18 mesi ai 6 anni. Bisognava fare qualcosa, chiudere porti ed aeroporti e frontiere per impedire la fuga del responsabile, ed inoltre si doveva provvedere al fermo dei sospettati principali: invalidi, storpi, dementi. Tutte persone colpite dalla natura, quindi con evidenti patologie anche mentali, secondo gli investigatori. C’era anche un identikit, fornito dalle bambine sopravvissute, quello di un uomo alto, sui 50 anni di età, con i baffi. Quindi la polizia andò a colpo sicuro arrestando Gino Girolimoni, che di anni ne aveva 35, non era alto, e non aveva i baffi. Ma poco importava, si era trovato un colpevole, e la stampa, tutta, non manco di pubblicare il trionfante titolo sull’arresto del Mostro di Roma. Girolimoni era un mediatore culturale, e la sua unica colpa era stata quella di parlare con una bambina di 13 anni che lavorava come cameriera. Quelle domande sulla sua condizione avevano destato la curiosità del padrone di casa, che mai si sarebbe immaginato di dover giustificare una bambina di 13 anni a servizio, ma che invece, nella sua specchiata onestà, comunicò i numeri della targa di Gino alla polizia. Dopo una irruzione in casa sua, in cui furono scoperti ben 12 vestiti nell’armadio, indicatori di trasformismo, l’uomo venne arrestato, ed interrogato a lungo. Stranamente non confessò alcun delitto, neanche dopo i 4 mesi in isolamento a Regine Coeli. E nel 1928 venne prosciolto da ogni accusa, poiché le prove erano inconsistenti e discordanti. La stampa, sempre onesta, pubblicò dei trafiletti nelle ultime pagine per mostrare a tutti l’innocenza di Gino, che aveva però ottenuto dubbia fama ed una vita rovinata per sempre. Nessun indennizzo, né da parte dello stato né da parte del condottiero, il Duce, e finì a fare il ciabattino, per poi morire poverissimo a 72 anni, senza essere più riuscito a rifarsi una vita. Solo un uomo, il commissario Dosi, indagò per scoprire la verità, e per questo venne punito, internato in un manicomio criminale per 17mesi, e reintegrato nella polizia solo dopo la caduta del regime fascista. Ma chi era allora il mostro? Dosi lo individuò nel pastore protestante inglese R. L. Brydges, con predenti per molestie sessuali a minori,mai processato ed esiliato a Roma durante gli anni 20. Il commissario Dosi, nel 1928, ispezionò la cabina della nave dove abitava Brydges, rinvenendo un quaderno dove era appuntato uno dei luoghi dei delitti, e poi fazzoletti identitici a quelli usati dal mostro per strangolare le vittime, oltre a ritagli di giornali in cui si parlava degli omicidi. Ma queste prove non bastarono, anche perchè altri elementi erano a suo favore, come il fatto di essere altrove durante un delitto. Tornò in Gran Bretagna con l’accusa di pedofilia, ma senza alcuna condanna. Il mostro non venne mai trovato, scomparve così come era apparso, o forse, come ipotizzato da molti, si trattava di qualcuno che venne forzatamente costretto a lasciare l’italia, magari per recarsi a combattere in Somalia, guerra che effettivamente coinvolse i fanti italiani nel periodo tra il 1923 ed il 1928. Ed in Africa , in quel periodo, le bambine andavano in comodato ai conquistatori nostrani. Il mostro di Roma non venne mai trovato, ma tanti altri mostri lasciarono la penisola per andare a civilizzare l’Africa.
