ILVA: PROPOSTA “IRRICEVIBILE”

ILVA: PROPOSTA “IRRICEVIBILE”

Irricevibile; così Carlo Calenda ha commentato il piano di sviluppo presentato da AM INVESTCO Italy sul tavolo delle trattative. 4.000 esuberi su 14.000 dipendenti – di cui 3.000 nella sola Taranto – e le attuali condizioni contrattuali e di inquadramento azzerate e gli operai rimanenti assunti secondo le regole del Jobs Act, con contratti a tutele crescenti. Ma cosa prevedono questi nuovi contratti introdotti da Marzo 2015 dal Jobs act? Per colui che assume è prevista principalmente una decontribuzione a carico dello stato che significa meno tasse e l’obbligo, se intenzionati a continuare la collaborazione, ad assumere il dipendente a tempo indeterminato; colui che viene assunto, invece, dovrà convivere con la spada di Damocle sopra il capo: eliminato l’Articolo 18 il lavoratore, in caso licenziamento illegittimo, riceverà solamente un indennizzo in denaro corrispondente alla sua anzianità con un tetto massimo fissato a 24 mensilità. Il reintegro è previsto solo in caso di licenziamento discriminatorio, nullo o disciplinare. I 10.000 operai che verrebbero assunti nuovamente perderebbero quindi tutti i diritti acquisiti e tutti gli eventuali scatti d’anzianità maturati finora e secondo le prime stime si parla di una cifra tra i 6.000 e i 7.000 euro ogni anno in meno per ogni dipendente. “CI RIFIUTIAMO DI CONSIDERARE CHE TALE IMPOSTAZIONE POSSA RAPPRESENTARE IL PUNTO DI PARTENZA DELLA TRATTIVA CHE VEDE COINVOLTI MIGLIAIA DI LAVORATORI E LE LORO FAMIGLIE COME FOSSERO MERCE DI SCAMBIO”. Questo è ciò che  può essere letto nel comunicato di sciopero che rispedisce al mittente la proposta di AM INVESTCO e del Governo. Gli operai vedono in questa “proposta inaccettabile” la complicità del governo, nonostante le dichiarazioni di Calenda che parla di “promessa tradita” rispetto agli accordi di Luglio pattuiti con il nuovo acquirente e di un apparente schierarsi dell’esecutivo dalla parte degli operai. Da Taranto a Genova, da Milano a Novi Ligure la protesta è esplosa dopo l’annuncio di Venerdì e si è concretizzata nei cortei che si sono tenuti da Nord a Sud Lunedì 9 Ottobre; solidarietà è stata espressa da molte altre realtà: a Genova i lavoratori portuali, un gruppo dei vigili del fuoco e delle delegazioni delle principali industrie del genovese hanno partecipato al corteo, dando il loro sostegno alla protesta. Anche dal mondo della chiesa arriva solidarietà con le parole dell’Arcivescovo Filippo Santoro che afferma quanto sia importante “evitare assolutamente gli esuberi” e di quanto tutto ciò sia in grande contrasto “ con quanto il vicario dello sviluppo economico, Bellanova, e il Ministro De Vincenti ci hanno detto”. Parlando a InBlu Radio, il Cardinale Bagnasco – Arcivescovo di Genova – ha affermato quanto sia necessario “continuare allo strenuo la via del dialogo e della mediazione” e auspica che “ l’Ilva come le altre imprese, possa riprendere il proprio lavoro e magari un domani poter allargare la base dei dipendenti e dei lavoratori”. I sindacati nel frattempo rimangono compatti ed uniti sulla linea da seguire e manifestano la totale contrarietà alle pesanti condizioni poste da AM INVESTCO  e fanno sapere che “ non si permetteranno ulteriori rinvii in termini di garanzie ambientali, occupazionali e di diritto di futuro” e aggiungono “ che la trattiva non debba ripartire solamente dalla revisione riguardo la parte contributiva e della continuità dei contratti, ma sono necessarie garanzie sull’aspetto degli investimenti futuri e di rilancio del sito produttivo”. Una vicenda tesa e complicata, le cui principali vittime sono le migliaia di lavoratori e lavoratrici dell’Ilva che tra scandali giudiziari, ritardi delle manutenzioni, tagli, uno stato degli impianti non idoneo continuano a vivere un diritto sancito dalla nostra Costituzione come un inferno senza fine, un inferno che fa vivere migliaia di famiglie Italiane la paura quotidiana del futuro, un futuro che sempre di più nel nostro paese viene sacrificato sull’altare di logiche che vedono nei diritti dei lavoratori un ostacolo, un nemico da distruggere in nome del profitto. Non uomini o donne ma – come è consueto chiamarci nel mondo del lavoro odierno- risorse umane; risorse, appunto, oggi utili domani chi lo sa.