PER GRILLO,BATTISTA NON E’ UN GIORNALISTA MA UN MAGGIORDOMO.

Scoppia la polemica tra Grillo e Pierluigi Battista. Argomento del contendere l’attività, melius non-attività, dei parlamentari del Movimento. La polemica nasce a causa di un articolo dell’editorialista del Corriere, pubblicato sul sito del giornale, il 24 maggio. La tesi di fondo è che, da quando sono stati eletti, i parlamentari grillini non stanno facendo nulla di quanto promesso. Non un’iniziativa di legge, e neanche un’opposizione degna di questo nome. La loro unica preoccupazione è la rendicontazione e l’epurazione, in streaming, dei parlamentari disubbidienti. Oggi, dal suo blog, Grillo innesca la polemica, feroce sin dal titolo “Battista, un maggiordomo al Corriere”. Nel breve intervento fa un breve inventario delle proposte più importanti presentante dai Senatori ed Onorevoli del Movimento, e conclude con una nota di pesante polemica verso l’editorialista di Via Solferino. E bisogna sottolineare una cosa, nella sua risposta Grillo, o chi ha scritto il post, ha mancato di indicare anche altre proposte presentate dal Movimento, tipo le leggi contro il finanziamento all’editoria. Ora il problema non è stabilire se i Parlamentari pentastellati abbiano imparato o meno come si presentano i DDL, il problema è un altro, ed è un problema di cultura (?) politica, su cui mi ero già espresso all’indomani delle elezioni. Per ben inquadrare il discorso partiamo da un dato di fatto pratico, magari non entusiasmante ma del tutto credibile. Con la situazione che si è venuta creando il Parlamento, dopo il clima di scontro instaurato da Grillo, più che dai suoi eletti, contro tutti i partiti politici, dopo l’arroganza con cui hanno trattato eletti e Governo, che possibilità vi è che i disegni di legge proposti del Movimento vengano credibilmente votati dagli altri gruppi parlamentari? Nessuna. E questa situazione, ovvero quella di stare all’opposizione, per vedersi bocciati tutti i progetti di legge, e magari non votare quelli presentati da altri partiti, ma identici ai propri, è la situazione che Grillo ha cercato fin da subito. E questo perché gli darà la possibilità di provare a sfondare alle prossime elezioni, piagnucolando sulla cattiveria dei partiti, sulla loro corruzione, sull’ostilità verso il loro programma, per molti versi inattuabile o dannoso. Questa è l’unica strada per aumentare i consensi, che altrimenti fisiologicamente sarebbe diminuiti. Dell’applicazione del proprio programma, o quantomeno di una parte dello stesso, a Grillo non importa nulla, e nulla gli è mai importato. E questo è presto dimostrato. Se il Movimento, tralasciando ogni tatticismo da partito tradizionale, avesse perseguito l’approvazione del proprio programma, avrebbe dovuto sin da subito aprire alla sinistra, che la mano l’aveva tesa. In quel modo avrebbe avuto il destino del Governo nelle proprie mani, essendo necessari al Senato, e così avrebbe potuto portare in aula, ed approvare, alcuni punti, tra cui quelli in comune con il programma dell’ex coalizione Italia bene comune. Ma no, se ne sono ben guardati. Le ipotesi per cui hanno rifiutato ogni tentativo di discussione con Bersani, che ai tempi era lui il candidati premier ( sembrano passati anni, e non invece poco più di un paio di mesi), sono sostanzialmente due. La prima è quella sopra riportata, di un piano strategico di autoesclusione dalla gestione governativa della politica, per prepararsi una carta elettorale alle prossime elezioni; e se ciò avrà o meno possibilità di successo lo vedremo a partire da domani, con le amministrative romane. L’altra alternativa è una vera e propria vocazione minoritaria, stile sinistra estrema, per cui lo spazio politico dell’opposizione è il luogo naturale di questi signori, nell’improbabile speranza di diventare un giorno maggioranza assoluta. Non saprei qual è la risposta, o se vi sono altri possibili motivi. Ma una cosa emerge chiara. In entrambi i casi il Movimento ha fallito ed ha tradito il proprio elettorato. Scegliendo volontariamente la strada dell’opposizione, consapevoli – che se non lo erano, allora dimostrano solo incapacità ed imbecillità – che in quel modo non avrebbero potuto influire per nulla sulle scelte politiche, hanno imboccato una strada in cui nessuna delle proposte del proprio programma sarà realizzata, salvo forse un paio, ma perché presentate da altri soggetti politici. Di fatto, e volontariamente, hanno scelto di non realizzare la propria proposta politica. Certo ora di questo accuseranno il resto del Parlamento, ma bisognerà vedere se gli italiani saranno così ingenui da credere ad un secondo incantatore di serpenti, o se capiranno che tale fallimento è stato causato da una scelta volontaria di Grillo. Dall’una o dall’altra ipotesi dipenderà l’aumento o la diminuzione dei voti al Movimento. Ma intanto, data la totale incapacità di fare opposizione, avremo per il resto della legislatura, quasi duecento di parlamentari pagati inutilmente da noi. E non sappiamo, perché non è facile capire cosa hanno deciso di fare, se nel conto dovremo mettere anche le spese dei benefit oppure no.