POLITICA ITALIANA. UNA SETTIMANA SCONVOLGENTE PRIMA DEL CATACLISMA

POLITICA ITALIANA. UNA SETTIMANA SCONVOLGENTE PRIMA DEL CATACLISMA

Settimana interessante nella politica italiana, almeno quanto la visione di una puntata di Peppa Pig della durata di 4 ore, ed imperdibile come la corazzata Potemkin in concomitanza della finale dei mondiali con l’Italia in campo. Comunque ecco alcuni dei fatti più importanti avvenuti tra le mura dei Palazzi della politica. L’assemblea regionale del PD ha deciso di togliere l’appoggio in aula al Governo Crocetta, sebbene gli assessori – a cui è stato chiesto di dimettersi – non sembravano particolarmente convinti di questa scelta, né tantomeno intenzionati a seguirla. Il profilo più interessante della decisione rimane comunque la motivazione, che non ha nulla di politico (salvo che la contiguità con i 5stelle non abbia condizionato troppo i sinistrorsi siculi), ma attiene ai, purtroppo, soliti giochi di potere in seno al maggior partito(?) della sinistra. Infatti la spiegazione più plausibile della decisione si collega con il movimento del Governatore – il Megafono – ed alla sua sempre crescente influenza, non solo entro i confini trinacrioti, ma anche a livello nazionale. Non è un caso che tali manovre siano cominciate all’indomani della decisione di Crocetta di correre (forse) per la Segreteria. D’altra parte il prestigio del Governatore, e con lui del suo movimento, non solo ha azzerato il PD siciliano, lacerato in divisioni e giochi di potere maggiori di quelli nazionali, ma rende Crocetta un avversario scomodo per chiunque voglia correre alla successione di Epifani. Ci piace però pensare che la motivazione sia di ben altra natura e fondi la sua giustificazione in altri motivi, ovverosia nell’effetto specchio; ci piace perché se così fosse dovremmo registrare se non un segno di ripensamento del partito, quantomeno in un segno iniziale di vergogna per la gestione di questi ultimi anni, e questa sarebbe già una notizia. Per effetto specchio intendiamo la capacità dell’azione politica di Crocetta di riflettere quella del partito, diviso in molteplici correnti in perenne guerra fratricida che ricercano e perseguono più il loro interesse che il tanto sbandierato bene comune. Ebbene in questa, difficilmente smentibile situazione, il Megafono non farebbe che rappresentare lo stato dell’arte del partito; e forse (sempre ci piacerebbe) questa visione comincia a risultare indigesta ai maggiorenti piddini, che allontanando il Governatore e la sua creatura, cercano di nascondersi come hanno ridotto il partito erede del PCI. In più l’esistenza e, diciamoci la verità, forza del Megafono hanno un ulteriore effetto, stavolta proiettato verso l’esterno che potremmo definire l’effetto smascheramento. La visibilità e l’istituzionalizazzione di una corrente rende impossibile nascondere ulteriormente agli elettori lo stato interno del partito. Ci piacerebbe che fosse così, ma la verità è che Crocetta scompiglia i giochi a troppi nella corsa alla Segreteria a livello nazionale e calpesta troppi piedi ed interessi a livello locale, pertanto deve essere ridimensionato. Ennesima figura meschina di un partito allo sbando. Letta, i liberali e gli investimenti stranieri. Il capitalismo italiano alle corde. Il Premier Letta, parlando a Wall Street, si è detto “molto colpito” dell’interesse degli americani per Destinazione Italia, il piano del Governo per favorire gli investimenti stranieri in Italia; e sinceramente lo siamo anche noi. Ma se da una parte il Governo è conscio che nel mondo economico moderno l’arrivo di soldi esteri è spesso una necessità, e comunque non obbligatoriamente una disgrazia, sono bastate due vicende – Telecom ed Alitalia – a far gettare la maschera alla politica sedicente liberale italiana. L’ipotesi che queste due aziende, che si trovano economicamente in forte crisi, possano passare a proprietari stranieri ha fatto venire le convulsioni a molti esponenti politici. Ora tralasciando il discorso, sinceramente medievale, della perdita di una compagnia di bandiera, che nelle parole di qualcuno sembra una specie di status quo per poter girare il mondo senza vergognarsi, vi è da osservare che l’acquisto di aziende da parte di investitori stranieri è nella dinamica delle cose del mercato globale, o quantomeno europeo, dato che hanno costruito l’Europa di oggi anche per questi fini. Ma che la politica italiana si ritrovi terrorizzata da questa ipotesi non deve meravigliare; che i liberali di casa nostra fossero liberali da operetta sono mesi che lo scriviamo, questa ne è solamente l’ultima dimostrazione. Ciò che invece preoccupa seriamente è l’incapacità da parte del capitalismo italiano di fare impresa con successo. E si tratta di un problema che esiste da alcuni decenni, e di cui pochi si sono occupati. Eppure è una realtà cui assistiamo tutti i giorni. Le imprese italiane di alto livello, riferendoci con questo termine solo ad aspetti di dimensioni e non qualitativi, che resistono nel mercato mondiale sono davvero poche, le altre sono costrette a cedere ad investitori stranieri. E tale necessità deriva dall’incapacità degli italiani di creare un modello industriale funzionante. D’altra parte se la più grande azienda italiana, la FIAT, sono decenni che necessita di interventi, id est aiuti, dello Stato per riuscire a sopravvivere, non sorprendiamoci di questo stato di cose. O cambiando  esempio, i Riva e la siderurgia. I signori dell’acciaio ormai sono arrivati alle minacce di dismettere le industrie in Italia e di spostarsi all’estero; d’altra parte in Italia sarebbero costretti a sottostare alle leggi ed ai controlli della magistratura, e dopo decenni di scempi ambientali e malcostume diffuso, capiamo bene che sarebbe insostenibile questo cambio di rotta. Bene se questi sono alcuni esempi delle punte di diamante dell’industria italiana, davvero ci sorprendiamo se gli stranieri riescono a fare shopping da noi? E considerato il livello dei liberali/liberisti italiani davvero ci stupiamo che il capitalismo nostrano sia del tutto incapace di competere con quello estero? Noi non ci stupiamo. Le dimissioni di massa ed il principio di separazione dei poteri. I partiti liberali italiani. La prossima settimana si vota circa la decadenza di B. da Senatore. Nell’ipotesi (forse remota, vota anche il PD) in cui ciò accadesse ai Parlamentari del PDL è venuta in mente la più geniale, condivisibile e meravigliosa forma di protesta che avrebbero potuto escogitare: le dimissioni in massa di tutti gli eletti nelle file del partito che dovrebbe rappresentare la destra liberale (chiedo scusa a Montesquieu) italiano. La scusa di tali dimissioni è quella di protestare contro una decisione legittimamente assunta dall’organo legislativo nell’esercizio delle sue funzioni sulla base di una sentenza definitiva presa dalla magistratura. Un impeccabile comportamento da veri liberali, ovviamente. Ma il Presidente della Repubblica – ma all’inquilino del Quirinale l’idea delle dimissioni non viene in mente? Ah no, non gli conviene – ha letto tale gesto come un eventuale, e sottolineiamo eventuale, tentativo di condizionamento verso la sua funzione, per costringerlo a sciogliere le Camere. Lettura malevola di un gesto invece apprezzabilissimo. In realtà dubitiamo della stessa riuscita della protesta. Ora che i “big” del PDL, quelli che un posto in Parlamento lo hanno assicurato ad ogni tornata elettorale, sarebbe disposti a ingraziarsi il B. con un gesto così nobile non lo metto affatto in dubbio. Che l’oscuro parlamentare della più sperduta provincia italiana, che è stato eletto solo perché miracolato, e sicuramente non certo di sbarcare ancora tra gli stucchi e l’oro dell’assemblea legislativa nazionale, sia disposto a correre il rischio di rinunciare al suo lauto stipendio, su questo non sono troppo convinto. E poi, ammesso che la protesta fosse degna di uno sciopero della CGIL, siamo proprio sicuri che si avrebbe lo scioglimento delle Camere? Crediamo che la legge elettorale contenga delle norme che regolano l’evenienza di posti vacanti degli eletti tramite la loro sostituzione con i primi non-eletti. E siamo proprio sicuri che chi avrebbe la fortuna di ritrovarsi a Roma, in seconda battuta, sarebbe disposto a rinunciare all’occasione della vita? Suggerirei ai nostri liberali da operetta di ripensare al loro gesto, e magari studiare i fondamenti della teoria liberale dello Stato. Magari imparerebbero che il primo punto è quello del rispetto delle decisioni degli altri organi dello Stato. Accettino la sentenza, mollino definitivamente B. e magari inizino a fare politica seriamente per il bene del Paese e non del loro mentore e papi. A New York il Premier Letta, saputa la notizia dell’innovativa ed auspicabile forma di protesta del PDL, ha commentato che i suoi compagni di Governo avevano fatto fare un brutta figura non al suo Governo, ma all’Italia intera. Scusi Sig. Presidente del Consiglio, ed allora Lei ed il suo partito(?) che con questa gente governate, prendete decisioni, decidete delle sorti del Paese cosa aspettate a trarne le conseguenze? La brutta figura dell’Italia è figlia dei rappresentanti del PDL ed in egual misura alle indecorose scelte fatte dal suo partito(?). Forse agire di conseguenza non sarebbe una cattiva idea, ed eviterebbe il reato continuato di sputtanamento internazionale della nostra Nazione