QUALCOSA DI GIURIDICO SUL PROCESSO RUBY

QUALCOSA DI GIURIDICO SUL  PROCESSO RUBY

Vi sono fatti che segnano definitivamente una vita, una storia, un’epoca. Anche per i partiti politici. In questo momento particolarmente strano della vita italiana i fatti che possono segnare la storia dei nostri partiti sono più d’uno, e tra loro intrecciati. Oggi si attende la sentenza per il caso rubygate. Sinceramente attendo l’esito del processo, non solo consapevole che sia un primo grado con tutto ciò che ne consegue, soprattutto in termini di possibilità di ribaltamento nei gradi successivi, ma anche in maniera del tutto indifferente. Mi spiego, l’atteggiamento che ho sempre tenuto in casi come questo, uno su tutti la sentenza del processo Andreotti, è sempre stato quello della speranza che non vi fosse un sigillo processuale a comportamenti devianti di un mio governante. Era la speranza di un cittadino di non dover scoprire di essere stato guidato da un soggetto che aveva in dispregio le leggi che aveva giurato di rispettare. Ebbene, poiché nel caso del Cavaliere questa certezza è quasi acquisita aliunde, un’ulteriore condanna non cambierebbe in nulla il giudizio verso di lui. Del tutto diversa, di contro, sarà l’attesa per il giudizio di Cassazione che potrebbe definire il processo sui diritti tv. In quel caso, oltre al sigillo definitivo per il processo, avremo, quando sarà, una conseguenza materiale immediata, l’interdizione dai pubblici uffici, che potrebbe, finalmente, far sparire dal Parlamento questo personaggio. E potrebbe avere, e qui torniamo a quei fatti fondamentali di cui discettavamo all’inizio, conseguenze importanti per il disfacimento totale di quel finto partito che ha costruito. Perché una cosa è abbastanza chiara, tolto Berlusconi, il PDL si sfalderebbe, non essendoci nessun politico abbastanza abile per tenere assieme quella massa informe di parlamentari, uniti solo dalla certezza di un bel posto in Parlamento. Ma non finiscono qui i fatti potenzialmente esiziali per la vita politica italiana. Anzi ve ne è un altro che potrebbe, incredibilmente, avere una portata ancora maggiore, quantomeno negli effetti. Parliamo dell’amnistia. Sono ormai giorni che il ministro Cancellieri, a cui è toccata la grana del Ministero di Via Arenula, cerca di trovare una soluzione per il problema carceri. L’unica idea che è riuscita a partorire, almeno a breve termine, è quella di amnistiare un po’ di reati. Ancora non conosco, dal punto di vista pratico, cosa abbia intenzione di proporre, ma rimane il fatto che questa sembra la via scelta dalla Ministra. D’altra parte in Senato sono già state presentate due proposte di legge in tal senso, le numero 20 e 21, a firma di un parlamentare  del PDL e del Senatore Manconi, del PD, che vanno nello stesso senso. Anzi in una delle due, credo la numero 20, è espressamente previsto l’indulto anche per le pene accessorie. Risultato di questo disegno sarebbe che il Cavaliere, anche se condannato definitivamente per il caso diritti tv, si vedrebbe tolta la pena dell’interdizione. Si salverebbe per l’ennesima volta. D’altra parte lui si lamenta che per via giudiziaria lo vogliono abbattere, ma mai che ricordasse che per via politica viene sempre salvato. Pensate ci sia proporzione in questo? Sbagliereste, tra i compiti della magistratura vi è anche quello di vigilare che la politica rispetti le leggi, conseguentemente un’azione penale verso appartenenti al mondo politico non solo non è eversivo, ma è un baluardo di democraticità del Paese; la risposta della politica verso le indagini, e le sentenze della magistratura, al fine di ostacolare le prime e ribaltare le seconde è, invece, eversivo ed antidemocratico. Ma torniamo all’amnistia di ministeriale volontà. Essa si configura come un vero e proprio regalo al Cavaliere, e come la soluzione dei suoi problemi giudiziari; dal punto di vista della soluzione al problema per cui è stata pensata risulta, di contro, eccessiva. Ci spieghiamo, se la misura è finalizzata esclusivamente, per come dichiarato, a svuotare un po’ le carceri, pronte ad esplodere, è sufficiente un indulto, che agisce sulla mera pena principale e solo se espressamente dichiarato su quelle accessorie. In questo modo si farebbero uscire un po’ di detenuti ed il risultato perseguito, almeno quello dichiarato, sarebbe ottenuto. Parlare di amnistia, che invece agisce sul reato, e dunque condona tutta la parte punitiva (pene principali e accessorie), sarebbe sotto l’aspetto carcerario un atto sovradimensionato, come sparare col cannone contro una mosca. Ed allora il sospetto che scegliere l’amnistia abbia un secondo, non dichiarato fine, è molto forte. Ma c’è un problema in tutto ciò. Per far passare una misura di questo tipo servono i voti in Parlamento. Cosa farà il PD? Ovviamente le voterà, sancendo così, in maniera definitiva, il tradimento verso la propria storia, lo scollamento totale verso i propri elettori, dichiarando ufficialmente la sua subordinazione alle voglia antidemocratiche di Berlusconi. Votare l’amnistia, per il PD, sarebbe l’atto finale della sua avventura nel panorama politico italiano. E non vi sarebbe alcuna governativa giustificazione ad una misura, tanto inutile, quanto gradita dalle parti di Arcore.  Sarebbe, probabilmente, la giusta conclusione di questi 20 anni, in cui spesso e volentieri si sono prestati a fare da stampella al loro competitor. E un tale atteggiamento avrebbe l’effetto di provocare una spaccatura tra le file di quel residuo di partito di sinistra, che in confronto quello che sta avvenendo nel Movimento sarebbe nulla. Dunque avanti così, salvino per l’ennesima volta il centrodestra, dimostrino ancora una volta che gli italiani hanno fatto bene a non dargli la maggioranza, sputino per l’ultima volta contro la loro storia, di cui tanto si riempiono la bocca; scompaiano pure, non ne sentiremo la loro mancanza. L’unica speranza è che da quelle ceneri nasca finalmente il partito socialdemocratico che molti italiani, e l’Italia stessa, aspettano da anni e di cui hanno necessariamente bisogno. PUBBLICATO IL 24 GIUGNO 2013. ORE 10.41