CHE LA SCUOLA TORNI AD ESSERE PUBBLICA. PER DAVVERO

CHE LA SCUOLA TORNI AD ESSERE PUBBLICA. PER DAVVERO

“C’era una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita, che permetteva a uno come me di imparare. Ci ero cresciuto dentro e non mi accorgevo dello sforzo di una società per mettere in pratica il compito. L’istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, però tra le sue mura, permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori …”Così scrive Erri De Luca nel suo libro “Il giorno prima della felicità”. E sono parole importanti, parole che fanno riflettere soprattutto in tempi come questi, in cui tutto viene messo in discussione e tanti valori sembrano perdere importanza e confondersi nel silenzio assordante del nulla che ci circonda. E questo “nulla” è pericoloso, perché è il nulla dell’apparenza dietro il quale si nasconde il vuoto interiore di una società che rincorre l’oggetto che appaga l’insoddisfazione interiore, che cerca il tutto e subito, una società che non ha tempo per costruire perché costruire significa lavorare e attendere, a volte anche per molto tempo, per ottenere un risultato. Una società che non vuole pensare e preferisce prendere in prestito un’idea già confezionata. Nella Foto, l’esterno del Liceo Dante a Firenze. Dunque una società come questa, costruita ad arte negli ultimi vent’anni, non ha certo voglia di assumersi quel compito di cui parla Erri De Luca, che è un compito gravoso, certamente, ma un compito a cui uno stato che si definisce “civile” non può sottrarsi. Ma in questi ultimi anni abbiamo assistito ad un atteggiamento ancora più grave del non assumersi quel compito, siamo di fronte ad iniziative di governo che fanno pensare a una precisa volontà di smontaggio. E purtroppo l’oggetto da smontare è la nostra scuola, quella pubblica naturalmente. C’è, secondo me, una spiegazione a tutto ciò: infatti nel nostro paese, dove le differenze sociali si acuiscono ogni giorno di più, quella scuola che, nonostante tutto “fa ancora uguaglianza” non interessa più a molti, anzi a quei pochi che dettano le regole. Non interessa o forse spaventa perché in quella scuola pubblica che è oggetto ogni giorno di critiche, spesso mosse da chi in una scuola pubblica non entra più da anni o ancora peggio, non c’è mai entrato, in quella scuola pubblica appunto si insegna o comunque si cerca di insegnare a pensare, a leggere, ad essere critici, a farsi delle domande, a proporre delle soluzioni, a non prendere per buone delle “verità” calate dall’alto. E si sa, un ragazzo che oggi impara a pensare, domani sarà un adulto difficile da convincere con spot di basso livello o con parole vuote da imbonitori, con messe in scena patetiche o con slogan calcistici. Insomma, tutte quelle cose a cui a cui abbiamo assistito, prima stupiti e poi indignati, negli ultimi anni; messe in scena di teatranti che intanto distoglievano l’attenzione da quello che stava realmente succedendo: ministri dell’istruzione assolutamente incompetenti che parlavano di riforme e intanto toglievano alla scuola le risorse necessarie per sopravvivere; spostando poi quelle risorse, con abili mosse da prestigiatori, nelle casse delle scuole private.E’ proprio così purtroppo che ci si allontana sempre più dall’idea di dare a tutti le stesse opportunità, come recita con estrema chiarezza l’articolo 3 della nostra Costituzione che impegna lo stato a rimuovere gli ostacoli che limitano l’uguaglianza dei cittadini. E’ proprio così purtroppo che ci si avvia a testa bassa verso la società del dispari. Pubblicato il 7 novembre 2012. Ore 01.43