COS’E’ LA RIVOLUZIONE?

COS’E’ LA RIVOLUZIONE?

Le rivoluzioni non devono essere confuse con ribellioni e sommosse, atti spontanei di rabbia e degenerazioni popolari spesso inconcludenti e fini a loro stesse. Le rivoluzioni nel vero senso della parola, sono il frutto della condivisione di un progetto di società elaborato da pochi uomini (soprattutto intellettuali) che poi decidono di agire nei fatti e di trascinare in questa condivisione il popolo. Quindi, non basta ribellarsi (né è per forza necessario farlo in modo violento con tanto di armi in mano!), ma bisogna avere necessariamente un immaginario di società condiviso da coloro che intendono appunto realizzare un nuovo tipo di società. In parole povere: “Ora insorgiamo e poi quale tipo di società realizziamo?” Se non si risponde a questo quesito elementare, c’è il rischio di avere una guerra civile costante e duratura che invece di migliorare le sorti del paese coinvolto, ne può aggravare seriamente la situazione favorendo l’ascesa al potere di tiranni o personaggi senza scrupoli peggiori di quelli rovesciati! Gli appelli frequenti a “fare la rivoluzione” nel nostro paese (specie quelli che dilagano nei “Social Network”) sono spesso limitati e addirittura fuorvianti nello spiegare cosa dovrebbe essere autenticamente una rivoluzione, che non è affatto il frutto di un’opinione, ma piuttosto un percorso con caratteristiche e passaggi ben precisi e specifici, senza i quali non si può appunto parlare di “rivoluzione”. In questo modo sono nate le rivoluzioni francese, russa, messicana, cubana, americana, ecc…ecc… L’Italia non ha mai vissuto rivoluzioni, né potrà comunque averne a breve, perché non è una nazione. Infatti, non siamo ancora una vera e propria comunità di individui in grado di riconoscersi in una cultura, una Storia, costumi e tradizioni comuni. Trattasi piuttosto di un amalgama di popoli riuniti in uno Stato unitario (insediato con la forza, soprusi e violenze di ogni genere), nel quale la maggior parte delle varie etnie italiche faticano comunque a riconoscersi come parte integrante. In conclusione, come potrebbe avvenire in Italia una “rivoluzione” senza questa caratteristica fondamentale?