DIRITTI UMANI, ITALIA SOTTO ESAME
Troppe armi. Troppe armi “leggere” con cui si commettono femminicidi. Troppe armi pesanti che partono dal nostro Paese, per guerre e violenze contro popolazioni inermi. È questa la denuncia forte che questa volta le donne italiane fanno all’Onu, questa la grande violazione dei diritti umani soprattutto contro le donne. Ma qual è, oggi, la situazione dei diritti umani nei 192 Paesi dell’Onu? Ogni quattro anni una revisione universale detta raccomandazioni agli Stati membri, dopo un lungo processo di consultazioni che comprende sia le relazioni governative che quelle delle Ong e dell’associazionismo. Il prossimo 4 novembre sotto esame al Consiglio per i diritti umani ci sarà l’Italia. Poche settimane dopo il report finale sarà all’approvazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. E le donne hanno, di nuovo, alzato la loro voce. In un lungo documento decine di associazioni, riunite insieme – come già altre volte, da Pangea a Udi, dalla Casa internazionale delle Donne a GiULiA giornaliste, dai centri antiviolenza alle cooperative sociali – per rappresentare la larga adesione intorno a pochi ma fondamentali temi: dalla condizione lavorativa alla salute e ai diritti riproduttivi, dalla violenza di genere e l’accesso alla giustizia ai diritti delle donne migranti e richiedenti asilo. Alle armi, quelle detenute in casa (con una legislazione che facilita il possesso di armi sportive e allarga le maglie della legittima difesa), ma anche il commercio delle armi all’estero in Paesi dove le donne vivono guerre e violenze in quanto donne, come lo Yemen e la Turchia/Kurdistan. Il documento è già stato proposto alla sessione preparativa dell’Onu di Ginevra, a inizio ottobre. Qui è stato denunciato come “l’Italia non ha intrapreso azioni sistematiche volte a promuovere cambiamenti nella percezione pubblica stereotipata e sbilanciata dei sessi e a trasformare la cultura patriarcale basata su rapporti di potere diseguali e discriminatori tra donne e uomini in ogni ambito della vita”. Anziché passi avanti, passi indietro: “i gruppi ultra conservatori sostengono teorie discriminatorie, omofobe e razziste nelle scuole, in particolare in quelle materne ed elementari, a sostegno della famiglia “naturale/ biologica” e dei ruoli di genere tradizionali uomo/donna, e contro la comunità Lgbti”. Così, nonostante nelle leggi – per esempio quella sulla “Buona scuola” – si parli espressamente di promuovere la parità di genere e contrastare discriminazione e violenza, nulla è stato fatto. I meccanismi di rappresentanza paritaria – di nuovo: nonostante le leggi – sono ancora inadeguati e deboli. E i grandi accordi internazionali sottoscritti dall’Italia – la Dichiarazione di Pechino, gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (SDGs), la Convenzione di Istanbul – restano lettera morta. O dimenticata. Tra i capitoli dei diritti umani le associazioni di donne chiedono il diritto all’ambiente, e citano – perché non ci siano dubbi su cosa si intende – catastrofi ambientali come quelle dell’Ilva di Taranto e della “Terra dei fuochi”. “Non sono state adottate misure di alcun tipo – scrivono – per far fronte a questa situazione nonostante il principio di precauzione sancito dalle norme europee”. Perché certo, le associazioni di donne si battono contro la tratta per la prostituzione, contro gli attacchi alla legge sull’aborto, contro il pay gap gender. Ma non mollano la presa sulle grandi questioni nazionali, dai migranti all’ambiente, dove i diritti sono più fragili, per tutti.
