GIORGIO NAPOLITANO E LE LOGICHE DI PALAZZO.

GIORGIO NAPOLITANO E LE LOGICHE DI PALAZZO.

La rielezione di Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica non è affatto un golpe, ma si inserisce piuttosto nelle logiche di palazzo che ormai contraddistinguono la politica italiana da circa trent’anni. Ma veramente si poteva credere che le forze politiche in campo avrebbero rinunciato ai loro privilegi e compromesso gli interessi dei poteri forti del paese che loro rappresentano, eleggendo un presidente fuori dal loro ambiente?! Napolitano rappresenta questa continuità e se ne fa garante, come lo furono prima di lui Carlo Azeglio Ciampi (difensore delle maggiori lobby finanziari internazionali in Italia), Oscar Luigi Scalfaro (democristiano “vecchio stampo” ed ex magistrato della R.S.I.) e il “picconatore” Francesco Cossiga (strenuo difensore degli interessi americani in Italia, come dimostrato dalla vicenda “Gladio”). Quindi, una continuità che dura da circa trent’anni e che dimostra che il Presidente della Repubblica è una vera e propria emanazione di quella “Casta” politica di cui tanto si parla in questi ultimi anni, ma che esisteva anche prima di Tangentopoli e che è sopravvissuta ad essa attraverso azioni di trasformismo politico davvero fantasiose con alla regia uomini politici mediocri quanto inconcludenti come D’Alema, Fini, Casini e molti (troppi) altri. Una conclusione ovvia di questo fenomeno ormai consolidato ai vertici alti dello Stato è che i partiti di fatto non rappresentano più la volontà dei loro elettori e che sono del tutto scollati dalla base che dovrebbero ascoltare e/o almeno consultare. Questo è dovuto al fatto che i partiti, per loro stessa essenza sono antidemocratici e di carattere verticistico. “Macchine” pubbliche al servizio dei poteri forti che le mantengono e dinosauri burocratici, sono ormai soltanto delle strutture autoreferenziali in cui vige unicamente la logica del più forte ed in cui la dialettica con la base ormai è del tutto assente o di facciata (come ormai ampiamente dimostrato dalle primarie). D’altro canto è inutile che ce la prendiamo dalla mattina alla sera con questa classe politica “santificata” e confermata costantemente dalla stragrande maggioranza degli Italiani che credono ancora che il nostro paese possa realmente cambiare attraverso l’effimero quanto inutile esercizio del voto. Quando capiremo che bisogna andare oltre questo aspetto seppure fondamentale della democrazia, considerando il voto un punto di arrivo di un forte impegno politico collettivo (partendo dall’autogestione dei comuni) da parte di tutti noi e non un punto di partenza dal quale aspettiamo l’arrivo di un improbabile messia che risolva i problemi del nostro paese, allora si potrà quantomeno sperare in una svolta radicale. A quel punto sarà naturale che l’elezione della massima carica dello Stato diventerà esclusiva del popolo sovrano e non dei suoi eletti ed episodi squallidi come quello a cui abbiamo dovuto assistere in questi giorni resteranno relegati nelle pagine dei libri di Storia. Sta a noi, e soltanto a noi tutti, scrivere quelle pagine