IL GHIACCIO AI SETTE COLLI
La sindaca Virginia Raggi non potrà spalare la neve come fece qualche anno fa un leggendario Gianni Alemanno, che ancora ricordiamo affannarsi nei suoi infuocati dopo-sci. Beata lei, vien da dire, al sole del Zocalo di Città del Messico. E’ tuttavia ingeneroso criticarla per questo. Non solo perché fosse in città o meno sarebbe del tutto irrilevante. Ma soprattutto perché quando a Roma nevica, fenomeno con una frequenza per fortuna rada, non c’è sindaco che tenga. Tutto rallenta, spesso si blocca, autobus, treni, aerei, cadono gli alberi e scivolano i passanti, il ghiaccio aggredisce linee, impianti e condutture, le strade s’incrostano e rattrappiscono. Una lieve e gelida coltre bianca s’impadronisce della città e la narcotizza, malgrado le doni un’inconsueta bellezza.Ma può un evento atmosferico, seppur straordinario, paralizzare la capitale d’Italia? Sì che può, anzi lo fa, l’ha fatto. Ed è inutile indignarsi e prendersela con il sindaco di turno. E’ ipocrisia o inconsapevolezza. Poiché Roma è già di suo fragile e stremata, con un sistema nervoso sfilacciato e una circolazione sanguigna rarefatta. Da quanti anni nessuno la cura, la mette a posto? Da quanto tempo non viene risanata, restaurata, riaggiustata strutturalmente? Da quanti sindaci non s’investe in opere di riqualificazione, rigenerazione, ammodernamento? Si va avanti raccogliendo cocci e rattoppando invano. E la città casca e pende. E ora si ghiaccia.E’ dunque questa la critica che va rivolta a Virginia Raggi, così come a chi l’ha preceduta: di non aver programmato un piano di manutenzione generalizzata, sia che splenda il sole o arrivi il temporale o soffi il vento siberiano.
