L’OUZO DALLA CREDENZA

L’OUZO DALLA CREDENZA

Ho dovuto prendere un poco di ouzo dalla credenza, stasera, per far durare l’estate. E’ che fuori è nuvolo, e settembre mi entra in casa sotto forma di umido, mail, bollette all’ingresso, silenzio e panni da lavare. L’angoscia di mille cose da fare per capire come svoltare quest’anno ancora, aspettando che qualcuno pensi che meriti un salario, magari un contratto a tempo indeterminato. Ma l’ouzo non basterebbe e per fortuna mi imbatto nelle foto di questi giorni. Come questa, che mi sembra una splendida metafora. Devo ancora capire a quale pazzo è venuto in mente di piantare il primo giorno una bandiera a mare, e tenerla lì tutto il tempo, come riferimento per noi e segnale a una costa. Come quello che siamo. Un mare di bellezza. Un punto fermo in mezzo alle onde. Qualcosa di dolce come un giunco, che si piega al vento solo per stendere meglio il suo colore. Mi piacerebbe davvero raccontare che cos’è stato questo campeggio. Dirlo alle tante sorelle e fratelli che non sono potuti venire per lavoro, per impegni familiari, per questi maledetti soldi che ci guastano la vita. O perché sono detenuti. A loro è andato il nostro pensiero, anche quando ballavamo contenti, anche nei tuffi a mare di notte, in ogni dibattito politico. Ma non basterebbe un post, e poi qui sopra tutto ciò che è nobile pare mutarsi in vanto. Allora dico solo questo, perché è giusto che lo sappia chi si sente solo, chi vorrebbe cambiare le cose. Potere al Popolonon è un partito, è innanzitutto un modo di essere comunità. Una comunità solare, giovane, generosa, determinata. Che collabora anche nel pulire i cessi, che non guarda ai chili di troppo o ai muscoli in meno, che non ti giudica, che sa ridere e sfottere anche i propri capi, che ha conoscenze, teoria e passione. E’ questo calore che dobbiamo portarci dentro, quando l’autunno ci bagnerà la testa e l’inverno le ossa. E’ il calore che dobbiamo sentire quando torniamo in territori e posti dove maggioranza è l’indifferenza, la mafia, la competizione, l’odio. Non è romanticismo, il mio. E’ biologia. Ci insegnano a vivere per i soldi, per la fama, per cose effimere. Ma cos’altro ci fa vivere se non questo? Perché esistere, se le tombe non hanno tasche, se il corpo decade e pure la gloria del nome la portano via gli anni – se non per questo senso di pace e di costruzione, per questo piacere, per questi abbracci? La fine, settembre o il nemico, potranno dividerci, ma non potranno levarci dalla testa quello che abbiamo sentito un’alba di agosto.