PIERSANTI MATTARELLA DAVA FASTIDIO ALLA MAFIA: E LO HANNO ASSASSINATO

Piersanti Mattarella(Castellammare del Golfo,24 maggio1935–Palermo,6 gennaio1980) è stato unpoliticoitaliano, assassinato dalla mafia mentre era presidente dellaRegione Siciliana. Figlio diBernardo Mattarella, uomo politico dellaDemocrazia Cristiana, e fratello diSergio Mattarella. Crebbe con istruzione religiosa, studiando a Roma al San Leone Magno, dei Fratelli maristi. Dopo l’attività nell’Azione cattolica, si dedicò alla politica nellaDemocrazia Cristiana. Fra i suoi ispiratori ci fuGiorgio La Pira, avvicinandosi alla corrente politica diAldo Moro. Divenne assistente ordinario di diritto privato all’Università di Palermo. Negli anni ’60 divenne consigliere comunale di Palermo, eletto nella lista DC. Fu eletto nel1967deputato all’Assemblea regionale siciliana, nel collegio di Palermo, rieletto per due legislature (1971 e 1976). Dal 1971 al 1978 fu assessore regionale alla Presidenza. Fu elettopresidente della Regione Siciliananel 1978, guidando una giunta di centro sinistra, con il sostegno esterno del PCI[1]. Nel 1979 dopo una breve crisi politica, formò un secondo governo. Il presidente della Regione Siciliana on. Piersanti Mattarella in visita aCatenanuovaaccolto dal sindaco Mario Mazzaglia e dal vescovo di Nicosia Salvatore Di Salvo – settembre 1979 Rappresentò una chiara scelta di campo il suo atteggiamento alla Conferenza regionale dell’agricoltura, tenuta a Villa Igea la prima settimana di febbraio del 1979. Il deputatoPio La Torre, presente in quanto responsabile nazionale dell’ufficio agrario delPartito Comunista Italiano(sarebbe divenuto dopo qualche mese segretario regionale dello stesso partito) attaccò, con furore, l’Assessorato dell’agricoltura, denunciandolo come centro della corruzione regionale, e additando lo stesso assessore come colluso alla delinquenza regionale. Mentre tutti attendevano che il presidente della Regione difendesse vigorosamente il proprio assessore, sgomentando la sala, Mattarella riconobbe pienamente la necessità di correttezza e legalità nella gestione dei contributi agricoli regionali. Un solo periodico sfidando il clima imposto pubblicò il resoconto, sottolineando come fosse generale lo sconcerto e come fosse comune la percezione che si apriva, quel giorno a Palermo, un confronto che non avrebbe non potuto conoscere eventi drammatici. Un senatore comunista e il presidente democristiano della regione si erano, di fatto, esposti alle pesanti reazioni della mafia.[2] Il Procuratore Giancarlo Caselli, in un’intervista a Repubblica del 12 agosto 1997, ha affermato: “Piersanti Mattarella un democristiano onesto e coraggioso ucciso proprio perché onesto e coraggioso”. Il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, nel libro “Per non morire di mafia”, ha scritto che Piersanti Mattarella “stava provando a realizzare un nuovo progetto politico-amministrativo, un’autentica rivoluzione. La sua politica di radicale moralizzazione della vita pubblica, secondo lo slogan che la Sicilia doveva mostrarsi ‘con le carte in regola’ aveva turbato il sistema degli appalti pubblici con gesti clamorosi, mai attuati nell’isola”[3]. Il 6 gennaio1980, appena entrato in auto insieme con la moglie e col figlio per andare a messa, un killer si avvicinò al suo finestrino e lo uccise a colpi di pistola. Ad ordinare la sua uccisione fuCosa Nostraperché Mattarella voleva portare avanti un’opera di modernizzazione dell’amministrazione regionale e per questo aveva iniziato a contrastare l’ex sindacoVito Cianciminoper un suo rientro nel partito con incarichi direttivi[4]; Ciancimino infatti era il referente politico delclan dei Corleonesi[5]. Per queste ragioni, alla fine del1979Mattarella aveva deciso di chiedere al segretario nazionale del partito,Benigno Zaccagnini, il commissariamento del Comitato Provinciale diPalermodellaDemocrazia Cristianaperché aveva visto «ritornare con forte influenza Ciancimino», il quale aveva siglato un patto di collaborazione con la correnteandreottiana, in particolare con l’onorevoleSalvo Lima[6]. Inizialmente considerato un attentato terroristico poiché subito dopo il delitto arrivarono rivendicazioni da parte di un sedicente gruppo neo-fascista, il delitto fu indicato come delitto di mafia dal collaboratore di giustiziaTommaso Buscetta, il quale in particolare dichiarò che «[Stefano] Bontatee i suoi alleati non erano favorevoli all’uccisione di Mattarella, ma non potevano dire a[Salvatore] Riina(o alla maggioranza che Riina era riuscito a formare) che non si doveva ammazzarlo […] In ogni caso […] fu certamente un omicidio voluto dalla “Commissione“»[7]. Nel1995vennero condannati all’ergastoloi mandanti dell’omicidio Mattarella: ibossmafiosiSalvatore Riina,Michele Greco,Bernardo Brusca,Bernardo Provenzano,Giuseppe Calò,Francesco MadoniaeNenè Geraci[8]. Secondo il collaboratore di giustiziaFrancesco Marino Mannoia,Giulio Andreottiera consapevole dell’insofferenza diCosa Nostraper la condotta di Mattarella, ma non avvertì né l’interessato né la magistratura,[9]pur avendo partecipato ad almeno due incontri con capi mafiosi aventi ad oggetto proprio le azioni politiche di Piersanti Mattarella. Questo fatto viene riportato nella sentenza del giudizio di Appello del lungo processo allo stessoGiulio Andreottie ritenuto attendibile dalla Cassazione nel 2004.[11]La stessa sentenza afferma che l’allontanamento di Andreotti dal sodalizio mafioso fu dovuta proprio all’efferato delitto Mattarella.[12] Nella sentenza della Corte di Assise del 12 aprile 1995 n. 9/95, che ha giudicato gli imputati per l’assassinio di Piersanti Mattarella, è scritto che ”l’istruttoria e il dibattimento hanno dimostrato che l’azione di Piersanti Mattarella voleva bloccare proprio quel perverso circuito (tra mafia e pubblica amministrazione) incidendo così pesantemente proprio su questi illeciti interessi” e si aggiunge che da anni aveva “caratterizzato in modo non equivoco la sua azione per una Sicilia con le carte in regola”.