ATTENTATI DI BRUXELLES. INUTILE CHIUDERE LE FRONTIERE

Il Belgio (ma non solo) ha largamente dimostrato di non possedere le competenze minime per fronteggiare il terrorismo. Ma non è il solo. Il vero nocciolo della permeabilità europea a questa nuova stagione di bombe è il rifiuto di ammettere che, oltre l’emergenza profughi e la guerra lontana, esista unterrorismo endogeno, nazionale, con il passaporto europeo in tasca, regolarmente residente, e che vada combattuto con i metodi classici che si usano in questi casi. L’Unione ha preferito giocare con l’allarme-frontiere piuttosto cheoccuparsi con serietà delle polveriere che crescono nelle sue periferie e dei non-immigrati con il kalashnikovche vivono da due o tre generazioni dentro i suoi confini. Ora ne paga il prezzo, e ancora una volta è un prezzo amarissimo. A questa Unione senza memoria sembra impossibile (o forse non fa comodo ammetterlo) che il nemico sia nato in casa sua, sia cresciuto nelle sue scuole, lavori o sia disoccupato nelle suebanlieu, e sotto la vernice di un’approssimativa cultura condivisa, sia pronto a fare strage nei suoi bar e nelle sue piazze. Eppure ogni nazione europea ha conosciuto nell’arco della seconda metà del Novecento fenomeni di terrorismo interno talmente significativi da cancellare per sempre l’idea che avere la stessa cittadinanza, frequentare gli stessi college, le stesse palestre o gli stessi muretti costituisca un antidoto alle scelte di radicale contrapposizione all’ordine costituito e alla democrazia stessa. Tra il 1968 e il 2012 l’Italia è stata insanguinata da più di 14mila attentati. Nel 1980, in un unico anno, 120 italiani sono morti in attentati terroristici perpetrati da altri italiani. Tra il 1974 e il 1988 le Br hanno rivendicato 86 omicidi. Renato Curcio calcola che circa mille persone siano state inquisite per avere fatto parte della sua formazione, alle quali ne vanno aggiunte altrettante dei vari gruppi armati che dalle Br si staccarono.Tutti italiani, con passaporto italiano, così come erano tutti tedeschi con passaporto tedesco i responsabili dell’Autunno nero della Germania, che lasciò a terra morti 34 bersagli nel 1977 e nel biennio tra il ’73 e il ’75 produsse oltre 300 attentati. Tutti cittadini della Gran Bretagna, lì nati e cresciuti, quelli che nel 1972, anno clou del conflitto nordirlandese, uccisero in attentati 467 loro connazionali, facendo strage in pub, supermercati, manifestazioni e ovunque ci fosse modo di massimalizzare il danno. La democrazia non è di per se stessa un antidoto al terrorismo. Né la nazionalità, la provenienza vicina o lontana, conta più di tanto: non ci fu bisogno di essere russi per ammazzare in nome della dittatura del proletariato, né di essere greci per mettere bombe inneggianti ai Colonnelli. C’erano frontiere chiuse, chiusissime, blindate, quando tra i ’70 e gli ’80 il terrorismo europeo andava ad addestrarsi in Algeria, Cile, Nicaragua, nell’Europa dell’Est o in mezzo Sudamerica. Le bombe attraversarono posti di dogana rigidissimi, dove si faceva la coda per morstrare il passaporto, e serviva il bollo, e la perquisizione era autorizzata anche per una stecca di sigarette non dichiarata.