ANTANAS MOCKUS, SINDACO DI BOGOTA’, E IL TELEFONO AZZURRO. PER I VIOLENTATORI.

ANTANAS MOCKUS, SINDACO DI BOGOTA’, E IL TELEFONO AZZURRO. PER I VIOLENTATORI.

Nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, mi viene in mente un’iniziativa di Antanas Mockus, quando era sindaco di Bogotà: una sorta di ‘telefono azzurro’ non per le donne oggetto di violenza, ma per i maschi tentati dalla violenza. Fece sorridere molti, all’epoca, l’idea di spendere soldi pubblici per i potenziali carnefici anziché per le vittime. Era contro la logica apparente. Invece funzionò, così come diverse altre iniziative di quel politico visionario. Sui maschi violenti sento molto girare in questi giorni messaggi che abitano un po’ nelle categorie del banale: vedo per esempio i manifesti diNoino, belli per carità, con tanti maschi alfa come Alessandro Gassman a schierarsi contro le molestie. Belli, ma forse insufficienti. Perché è molto probabile che Gassman, come chi vi scrive, abbia avuto vita facile in questo: cresciuto in un contesto in cui quei valori sono ovvi e poi senza sommi problemi a rapportarsi consensualmente e liberamente con l’altro sesso. I maschi che violentano, per lo più, non sono come Gassman – esi parva licetcome chi vi scrive, appunto. Sono persone che vivono in un rapporto di frustrazione-proprietà con l’altro sesso. Persone che non sono state educate a vivere il sesso in modo diverso da quello con cui si nutre l’animale affamato. Persone che probabilmente nella piramide sociale stanno parecchio più in basso dei testimonial di Noino. Che quindi alla propria frustrazione sessuale ne assommano altre. Leggetevi ‘L’estensione del dominio e della lotta’ di Michel Houellebecq, se non l’avete mai fatto. È perfetto nel racconto di questa forbice plurima tramaschi alfaemaschi omega. Questo vuol dire in qualche modo ‘giustificazionismo’? Spero davvero che nessuno sia così sciocco dal pensarlo. La repressione, le pene severe e qualsiasi campagna di sensibilizzazione – Gassman incluso – sono comunque la base. Però forse, poi, si può provare ad andare anche un po’ oltre, per costruire una società migliore. Un po’ oltre nella costruzione dei valori, intendo dire. Verso una società ad esempio in cui il maschio benestante che esibisce la donna-trofeo sia circondato di riprovazione, anziché di consenso sociale, perché il messaggio che diffonde non è molto lontano da quello ‘proprietario’ che poi porta allo stupro chi, nella piramide alfa-omega, sta molto più in basso. Libero di avere le donne che vuole lui, s’intende, ma liberi anche noi di spernacchiarlo anziché ammirarlo. Ma andare oltre, cambiare i valori, significa soprattutto puntare verso una società in cui la sessualità viene insegnata fin dalle scuole dell’obbligo non solo con il racconto del semino e dell’ovetto, ma soprattutto in tutte le sue componenti psicologiche e relazionali, che sono alla base del rispetto per se stesso e dell’altro. Alla fine, quindi, di una buona vita sessuale. Per tutti: maschi, femmine, gay e ogni altro orientamento possibile. Oggi, a scuola, tutto questo non c’è. Cara grazia se raccontano la storia del semino e dell’ovetto. È tutto, come sempre, lasciato alle famiglie. E al ‘divide’ culturale che ne consegue. Quindi tra vent’anni rischiamo di essere ancora qui con i testimonial tipo Gassman. O, nel migliore dei casi, con i telefoni azzurri per i violentatori.