CHE TU SIA FELICE SILVIA, INSHALLAH

CHE TU SIA FELICE SILVIA, INSHALLAH

Chi crede in una religione monoteista considera la fede un dono, ovviamente di dio. Chi non crede, per tutta una serie di ragioni su cui è meglio sorvolare, di quel dono non saprebbe che farsene ed è contento di non averlo ricevuto. Tra credenti, agnostici e atei si è consolidata un’atmosfera di reciproco rispetto o perlomeno di serena tolleranza che vacilla solo in presenza di esagerazioni, quando ad esempio la religione si trasforma in primitiva superstizione o peggio in strumento di sfruttamento, oppressione e ricatto. L’argomento religione non mi ha mai appassionato più di tanto, ma avendo girato il mondo sono entrato in contatto con varie declinazioni della cosiddetta spiritualità da cui ogni religione trae la propria linfa vitale, e ho trovato sempre suggestivi i personaggi e le leggende a cui esse fanno riferimento. Mi sono persino imbattuto nel Caodaismo, un milione di fedeli, che annovera con grande disinvoltura nel suo olimpo teologico personaggi come Buddha, Cristo, Giovanna d’Arco e persino Victor Hugo, tutti insieme. Sto divagando, scusate, torno subito al punto.Quello che davvero non riesco a capire perchè con la spiritualità non hanno nulla a che fare sono i “cambi di casacca”, e cioè che cosa spinga un credente a sostituire il Signore con Allah o Jeovah, Cristo con Maometto, le campane col muezzin, la croce con la mezzaluna o la stella di Davide, la preghiera in ginocchio con quella a sedere per aria o sbattendo la capoccia contro un muro. Mi sono convinto che queste trasmigrazioni da una religione all’altra dipendano esclusivamente da fattori ambientali o di convenienza o peggio da esaltazioni collettive, coreografie e superstizioni perfettamente intercambiabili che nulla hanno a che fare con la spiritualità. E’ per questo che della conversione religiosa di Silvia Romano mi importa meno di zero. Che sia sana e salva e felice in tunica islamica o in bikini è per me la medesima identica gioia.