BENTORNATA SILVIA, ALLA VITA CHE VORRAI

Sotto la lunga tunica spuntano i pantaloni: gialli e rossi, i colori preferiti, quelli del sole e del fuoco. E sotto la mascherina si svela il sorriso: largo, nonostante tutto, e fiducioso.Silvia Romano, liberata dopo diciotto mesi di prigionia tra i villaggi del Kenya e la Somalia, sabato parlava ancora al passato («Sono stata forte, ho resistito») ma già ieri, all’arrivo a Ciampino, usava il presente, segno di una ripresa che forse è già cominciata. «Sono felicissima. Sto bene, fisicamente e mentalmente. Per fortuna». Si chiama spirito di adattamento, istinto di sopravvivenza, spettacolare forza d’animo. Le mani a salutare, l’abbraccio prima alla mamma Francesca e alla sorella Giulia poi — quasi correndo — al papà Enzo. Alle 14 in punto, quando l’aereo bianco dei servizi segreti tocca il suolo della capitale italiana, un applauso scrosciante parte in ogni angolo di Milano. Più forte si sente al Casoretto, dove abita la ragazza. I vicini sono alle finestre e le campane della chiesa suonano a festa. «Non frequentava la parrocchia ma nel quartiere la conosciamo tutti. Tutto ciò che ha vissuto e ogni sua scelta meritano grande rispetto, la generosità dei giovani come lei ci rende orgogliosi», dice subito don Alberto, quasi ci fosse bisogno di difenderla. Ma difenderla da cosa? «Qualcuno oggi insiste con poca empatia sull’ipotesi della sua conversione all’Islam, così come all’epoca sui social c’era chi l’additava come irresponsabile per essere andata in Africa. Ebbene, chiariamo due cose — prende la parola piena di affetto Cristina Perego, insegnante delle medie al Trotter e amica di famiglia —. Intanto, adeguarsi all’ambiente che ci circonda in certe situazioni difficili è segno di intelligenza, e a Silvia quella certo non manca. In secondo luogo noi tutti, genitori e docenti, abbiamo il dovere e il privilegio di sostenere i ragazzi nella crescita, quando fanno scelte responsabili, anche se quelle implicano rischi». Silvia ha imparato tre lingue oltre all’italiano per realizzare il suo sogno, entrare nella cooperazione internazionale: «Le auguro di riuscire a realizzare tutto ciò che desidera. Immagino che questa esperienza l’abbia cambiata, nessuno sa cosa ha passato ma lei, con quello sguardo dolce e determinato, fa sperare che non si perderà d’animo». Al Casoretto fin dal primo mattino ventenni e residenti avevano attaccato striscioni di «Bentornata» e lo stesso è accaduto davanti al Trotter, con rilanci sui social da parte dei Sentinelli e dell’associazione della rete People. In Kenya, alla stessa ora, festeggiavano i suoi amici nel piccolo villaggio di Chakama, vicino a Malindi, dove il 20 novembre 2018 il rapimento ha avuto luogo.A Roma ad accoglierla insieme ai familiari c’erano il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il premier Giuseppe Conte. Mentre il sindaco Beppe Sala ha parlato di lei nel quotidiano saluto alla città: «Silvia è libera, era un auspicio, ora è realtà. Potremo finalmente togliere il cartellone con la sua foto che è sempre rimasto appeso fuori da Palazzo Marino. Ostinatamente continueremo invece a tenere esposto lo striscione che chiede verità per Giulio Regeni». Prima di poter ripartire in auto per Milano ha risposto per quattro ore alle domande dei magistrati raccontando i diversi covi, a quanto pare in mano ad un gruppo islamista. Per i carcerieri solo parole buone: se sono frutto di una sorta di plagio o sincere si vedrà nel tempo. «Ho chiesto — avrebbe detto — di leggere il Corano e sono stata accontentata», «la mia conversione è stata volontaria», «mi avevano promesso che non sarei stata uccisa e così è stato»