FATTI APPOSTA PER NON DURARE

Proporre un tema del genere nel momento in cui tutti si affannano a porsi come imperativo di aumentare la crescita può sembrare una provocazione. E infatti chiunque oggi parla o scrive di decrescita (felice poi!) viene generalmente accolto con ironia e sospettato di masochismo. Ma in fondo all’anima siamo in molti a pensare che questa corsa ai consumi, a quelli superflui in particolare, accompagnata da un orgia pubblicitaria quasi ossessiva, ai fini di un benessere reale e diffuso impoverisca piuttosto che arricchire. A notare che il confezionamento delle merci sia spesso inutilmente costoso, oltre che decisamente dannoso per l’ambiente. A meditare che lo spreco e il superlavoro siano l’altra faccia di un meccanismo di sviluppo che avvertiamo sempre più insostenibile. E forse anche a concludere che l’austerità di cui parlava un tempo, purtroppo inascoltato, Enrico Berlinguer dovrebbe essere presa un po’ più in considerazione, oggi più necessariamente di allora, da quei bravi politici che si propongono di darci un “governo del cambiamento” (nandocan) ***diLucia Cuffaro, presidente Movimento per la Decrescita Felice, ottobre 2018 – Nell’ultimo studio del CESE sulla obsolescenza programmata dal titolo“L’influenza sul consumatore dell’etichettatura di lunga durata”, il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) ha analizzato l’influenza dell’etichettatura che riporta la durata di un prodotto sul comportamento del consumatore durante l’acquisto. La ricerca realizzata in Francia, Spagna, Belgio, Repubblica Ceca e Paesi Bassi, su un campione di quasi 3000 partecipanti, ha evidenziato un dato significativo:gli europei sono disposti a spendere di più per prodotti con maggior durata. La parola obsolescenza indica l’invecchiamento di un oggetto e la fine del suo ciclo vitale. Spesso sento frasi del tipo “mi si è rotto il frigo poco dopo la scadenza della garanzia”, “l’ho comprato da una settimana e già non funziona”, “la riparazione costa talmente tanto che mi conviene ricomprarlo” e così via. Si tratta dell’obsolescenza programmata, cioè unavolontaria progettazione fallatache determina la rottura di un oggetto, accorciando il potenziale di utilizzo per aumentare il tasso di sostituzione e/o la vendita delle parti di ricambio. È il produttore ad avere in pugno la spada di Damocle che pende sulle nostre teste. Assurdamente noto è il caso della quasi indistruttibile lampadina a filamento di carbonio di Edison, talmente a lunga durata che i produttori di lampadine diedero avvio nel 1924 al cosiddettoCartello Phoebus,per accorciare deliberatamente la durata di vita di questo prodotto, aumentandone di conseguenza le vendite. L’economista americanoVictor Lebow, economista americano, nel 1950 dichiarava:“La nostra economia, immensamente produttiva, esige che facciamo del consumo il nostro stile di vita. Abbiamo bisogno che i nostri oggetti si logorino, si brucino, e siano sostituiti e gettati a ritmo sempre più rapido”. Nel 1958John Kennethnel suo celebre “La Società Opulenta”(Torino, Boringhieri) aveva denunciato il fenomeno, avviando la discussione prima in America e poi in Europa su questo genere di pratica. Più recentementeSerge Latoucheha dedicato all’argomento un intero saggio:“Usa e Getta”(Bollati Boringhieri). E la legge cosa fa?Per ora poco. Risale al 2016 la direttiva della Commissione Europea sull’ecodesign, che chiede fortemente ai produttori di implementare strategie virtuose volte alla riparabilità di un oggetto e all’aumento della durabilità. In alcuni Paesi come laFrancia, la pratica dell’obsolescenza programmata è illegale. Ad agosto 2015 è stata infatti approvata una legge sulla transizione energetica che comprende interventi su diversi settori, uno dei quali è appunto l’obsolescenza programmata,diventato un reato punibile con due anni di prigione e 300mila euro di multa. Alcuni mesi fa, una delle più grandi Multinazionali tecnologiche, la Apple, è finita sotto inchiesta proprio per questa pratica. L’accusa è di produrre iPhone che invecchiano precocemente. Al Parlamento italiano sono state presentate varie proposte di legge non ancora calendarizzate. Nel frattempo, come deve comportarsi il consumatore?Come può difendersi? Innanzitutto, può riparare tutto il riparabile: se il prodotto non è più protetto da garanzia, ci si può rivolgere al web – spesso ricco proprio di guide e tutorial su come riparare un elettrodomestico rotto – oppure ad un tecnico specializzato, più economico rispetto alla casa produttrice.Inoltre, meglio stare alla larga dalle ultime novità di mercato, e aspettare qualche mese – quando saranno testate – per acquistarle. Se poi un oggetto non lo si può proprio più utilizzare per il suo scopo, si può sempre regalargli una nuova vita, trasformandolo in qualcosa di differente. Perché è proprio il riciclo, l’arma vincente contro l’obsolescenza programmata. Esiste inoltre la subdolaobsolescenza percepita. La pubblicità e le mode, indotte da furbe strategie di marketing, rendono precocemente vecchio un prodotto ancora funzionante, per invogliare il consumatore ad acquistarne una versione più nuova e magari solo con poche funzionalità in più. Questo non succede solo con gli strumenti elettronici ma anche con la maggior parte dei beni, come abiti, scarpe, tendaggi, accessori, etc. Un tempo i prodotti erano concepiti per esistere per sempre, ma la voglia di guadagnare sempre più e l’inflessione dei mercati hanno creato questo circolo vizioso. Una subdola strategia a danno dei tantiper l’arricchimento di pochi. Proviamo a invertire questo gioco forza con alcune buone pratiche volte riprendere la nostra possibilità di scelta consapevole. COME NON FARSI INGANNARE E COMPRARE OGGETTI SCADENTI COME AGIRE SE IL PRODOTTO SI ROMPE E se Pier Paolo Pasolini diceva:“Il potere ha avuto bisogno di un tipo diverso di suddito, che fosse prima di tutto un consumatore”,proviamo a liberarci dalle catene della dipendenza consumistica scegliendo di essere dei CONSUM-ATTORI.