NORMALITA’ E CAMERA IPERBARICA

Torniamo a parlare di normalità, tema discusso per tante notti tra frequentatori del mondo difficile. Per entrare a Kabul o Baghdad la porta era sempre Dubai. In genere si arrivava tardi per la coincidenza con l’aereo locale e quindi bisognava stare almeno fino alla mattina successiva dando addio con molto piacere al mondo civile. Ma il crocevia acquistava importanza soprattutto al ritorno, dopo un mese abbondante di Afghanistano Iraq. La Rai permetteva due, o anche tre giorni di quella che chiamavamo la “camera iperbarica”. Non si poteva rientrare direttamente a casa così, da selvaggi, dopo magari aver dormito dentro il sacco a pelo, vestiti, senza doccia, insomma in condizione precaria.Ricordo bene, per averla passata molte volte, quella condizione. Mossa 1: doccia volante poi bagno in vasca sommersi da una schiuma tipo Hollywood, minimo due ore. Mossa 2: prima notte a letto completamente nudi per riassaporare il piacere delle lenzuola fresche. Mossa 3: cena al Fish Market, dove compravi il pesce fresco dai cinesi e poi passavi al ristorante dove lo cucinavano come volevi te. Secondo giorno. Normalmente io andavo allo Sheraton e dunque pranzo al ristorante italiano, si chiamava Venezia, dove riassaporavi una matriciana con i fiocchi dopo settimane di pollo fritto. Poi nell’ordine massaggi a go go e visita al centro commerciale dove sfogavi giorni di astinenza dedicandoti allo shopping compulsivo, detto anche dagli psichiatri “oniomania”. Tentavi regolarmente di fare due passi tornando in albergo a piedi ma era impossibile perché Dubai non è una città per pedoni per cui dopo un paio d’ore di sottopassi e saliscendi sfiorando di essere investito fermavi un taxi e ti facevi portare nell’unica zona da passeggio insieme a filippini e domestici vari calpestando giardini e fiori finti dove i bambini giocavano pure a pallone. Evitavi piscine in mezzo al cemento dove tanti strani turisti amavano abbronzarsi. Talvolta allora ti spingevi nella strada dell’oro rigorosamente frequentata dal popolo indigeno. In genere preferivo andare a cercare gabbiani intorno ai pescherecci in quello che chiamavano mare ma era solo un canale. Cena di nuovo in albergo, stremati dal recupero, non prima di aver visitato il barber shop dove un cinesino, anche qui, ti restituiva sembianze umane al ritmo di “yes sir”.Il giorno dopo potevi finalmente tornare a casa, senza rischiare di non essere riconosciuto dalla famiglia.Non so come potrebbe essere una camera iperbarica post coronavirus. Ma credo che il commercio folle probabilmente ci rientrerà, vi farò sapere pubblicando intanto un piccolo scorcio del duty free dell’aeroporto degli Emirati giusto per visualizzare il fermento di tentazioni. Non l’ho fatto per piacer mio….ma magari per portare un regalo a mio figlio che così mi perdonava.