CRISI UCRAINA. IL RUOLO DI POLONIA E PAESI BALTICI

CRISI UCRAINA. IL RUOLO DI POLONIA E PAESI BALTICI

Stalin era meno rozzo e incolto di quanto oggi si voglia far credere. Si fidava certamente dei carri armati e degli aerei da combattimento, ma nello stesso tempo comprendeva bene che la cultura gioca un ruolo essenziale nella conquista del potere. Adottò quindi una politica di russificazione basata anche sulla lingua e, in tempi relativamente brevi, il russo divenne l’idioma ufficiale in tutto il territorio sovietico.Dopo la fine della seconda guerra mondiale il problema si pose anche per le nazioni satelliti che entrarono a far parte dell’impero sovietico. Non si abolirono le lingue nazionali (impossibile farlo, per esempio, con i tedeschi della ex DDR), ma venne comunque imposto il russo come seconda lingua ufficiale. Per un lungo periodo di tempo esso fu una delle lingue più parlate in Europa, anche se è facile immaginare che nella parte orientale del nostro continente tale situazione non destasse particolari reazioni di felicità.Un’operazione di tali dimensioni è comunque destinata a lasciare tracce permanenti e ben visibili. Sperando di non annoiare i lettori ricorro a due esperienze personali piuttosto recenti. Recatomi per ragioni di lavoro all’università di Vilnius in Lituania, mi resi conto che in ambito accademico si usava comunemente l’inglese. Ma fuori, in bar, ristoranti e negozi vari si sentiva poco lituano e molto russo. Mi accadde addirittura quando, alla partenza, dovetti cambiare in euro la valuta locale che mi era rimasta. Entrambe le addette parlavano tranquillamente russo.Cambiando area geografica, trovai la stessa situazione nel Caucaso. In visita all’università di Baku nell’Azerbaijan, altra repubblica ex sovietica e ora stato indipendente, la situazione era ancora più chiara rispetto a Vilnius. Là l’azero si parla solo nelle campagne. Nelle città la lingua predominante è tuttora il russo. Non solo. Parecchi colleghi non parlano neppure inglese, per cui occorreva chiamare un docente che lo conoscesse e traducesse la conversazione dal russo in inglese e viceversa. Per farla breve, la lingua ufficiale dello stato è l’azero, quella realmente parlata il russo.È un fatto che esso abbia mantenuto in tutti i Paesi dianzi citati una diffusione molto ampia. Estone, lettone, lituano (e azero) sono rimaste lingue di nicchia, il russo no. Certamente questo è dovuto alla russificazione forzata, ma ci sono altri fattori da cui non si può prescindere. La storia in primo luogo, giacché la Russia ne ha una da grande nazione, del tutto comparabile a quella tedesca, inglese, francese o italiana. In secondo luogo le dimensioni geografiche, incomparabilmente superiori a quelle delle tre piccole repubbliche baltiche. E infine la cultura: letteratura, arte e filosofia russe sono conosciute in tutto il mondo.Non è una buona idea costringere le minoranze russe a sostenere esami di lingua e cultura estone, lettone o lituana. Si rischia di scatenare reazioni – già avvenute – da parte del governo di Mosca e per ottenere che cosa, in fondo? La garanzia che queste consistenti minoranze imparino lingue così poco diffuse? Senza scordare – e i russi non lo dimenticano certamente – che proprio nei Paesi baltici i nazisti riuscirono a reclutare con una certa facilità molte divisioni di SS che ben si comportarono in combattimento contro le truppe sovietiche, riuscendo pure a sfruttare un antisemitismo che in quell’area è sempre stato fiorente.La mia impressione è che baltici e polacchi appoggino senza riserve la politica di Obama nell’Est europeo temendo di ritrovarsi di nuovo alle porte le colonne di tank dell’epoca sovietica. Ritengo però che Mosca stia semplicemente lottando al fine di mantenere una sfera d’influenza che per i russi è tradizionale, senza pensare a nuove imprese imperiali. E la continua espansione Nato crea una situazione di tensione che si potrebbe evitare con un minimo di ragionevolezza. Non è una buona idea costringere le minoranze russe a sostenere esami di lingua e cultura estone, lettone o lituana. Si rischia di scatenare reazioni – già avvenute – da parte del governo di Mosca e per ottenere che cosa, in fondo? La garanzia che queste consistenti minoranze imparino lingue così poco diffuse? Senza scordare – e i russi non lo dimenticano certamente – che proprio nei Paesi baltici i nazisti riuscirono a reclutare con una certa facilità molte divisioni di SS che ben si comportarono in combattimento contro le truppe sovietiche, riuscendo pure a sfruttare un antisemitismo che in quell’area è sempre stato fiorente.La mia impressione è che baltici e polacchi appoggino senza riserve la politica di Obama nell’Est europeo temendo di ritrovarsi di nuovo alle porte le colonne di tank dell’epoca sovietica. Ritengo però che Mosca stia semplicemente lottando al fine di mantenere una sfera d’influenza che per i russi è tradizionale, senza pensare a nuove imprese imperiali. E la continua espansione Nato crea una situazione di tensione che si potrebbe evitare con un minimo di ragionevolezza.