FRANCO BARESI, IL FUORICLASSE DEL CALCIO COMPIE 60 ANNI

Il “Piscinin” come lo chiamavano, per via della sua statura, appena entrato dal cancello del campo dell’Aereonaitica di Linate, 46 anni fa’ è e diventato l’uomo simbolo di Milanello e di San Siro, era stato persino scartato dall’Inter per la sua altezza, dove invece approdo’ suo fratello Giuseppe di 2 anni più grande. Franco Baresi può essere riserva o capitano, segnare il gol decisivo o sbagliare il rigore in una finale mondiale.Ma oggi che compie 60 anni resta il numero 6 più forte di tutti i tempi, l’erede nei cuori milanisti di Rivera, altra icona rossonera, e colui che ha passato il testimone a Maldini a tutti gli effetti suo degno successore. Franco Baresi, il fuoriclasse assoluto del calcio moderno, nato a Travagliato in provincia di Brescia l’8 maggio 1960, compie oggi 60 anni. C’è chi ha avuto la fortuna di ammirare l’intero arco della sua vita calcistica, dall’esordio nel Milan del «Barone» Nils Liedholm all’ultima partita ufficiale disputata all’età di 37 anni l’1 giugno 1997, quando sulla panchina rossonera c’era Arrigo Sacchi, e chi, nato dopo la metà degli anni ’90, ne ha solo sentito parlare. Franco Baresi è il numero 6 più forte di tutti i tempi.Un primato che condivide con pieno merito con Gaetano Scirea per classe, cuore, tecnica e fantasia. I due liberi rappresentano al meglio l’estetica del calcio spettacolo attraverso un ruolo in cui è necessario guidare da leader la propria difesa, correre a tamponare l’avversario che si smarca dai compagni di reparto, avviare l’azione controffensiva con i primi passaggi agli uomini più freschi e meglio posizionati in campo, lanciare con un tiro preciso un centrocampista o addirittura l’attaccante, correre, ragionare e sapere controllare la palla.Sembra una descrizione quasi utopistica di un profilo dove ragione, istinto, estro e metodicità trovano una sintesi impossibile. Eppure è solo un riassunto sintetico di ciò che Franco Baresi e Gaetano Scirea erano in grado di mostrare sul prato di un rettangolo di gioco. Parliamo di calciatori fuori dal comune, capitani di squadre fortissime alle quali hanno regalato tutta la loro carriera.Due bandiere. Oggi il ruolo del libero è stato sostituito dal mediano arretrato o dal centrale difensivo e, comunque, si utilizzano termini che in parte possono essere adeguati all’evoluzione del gioco, ma in realtà nascondono un vuoto incolmabile.Non è un caso se il Milan ha ritirato per sempre la maglia numero 6 di Baresi e l’ex allenatore della nazionale italiana, Enzo Bearzot, ha proposto di fare la stessa cosa in omaggio alla carriera di Scirea. Grazie a loro il calcio è indubbiamente da considerarsi una forma artistica e per dimostrarlo oltre all’elenco delle imprese di cui sono stati protagonisti basterebbe andare a vedere le partite in cui i due liberi si sono trovati uno di fronte all’altro. Gli incontri tra Milan e Juventus sono ricordi di inestimabile valore dove si aveva la sensazione che tutto il gioco fosse opera della loro presenza.Era stupefacente assistere a lanci millimetrici da distanze impensabili ai compagni, ai tackle, ai recuperi e alla loro corsa durante l’intero arco della partita, leggendaria la sua mano alzata, per chiamare il fuorigioco, ai tempi di Sacchi, cosa che si diceva, condizionava anche i guardalinee. Franco Baresi ha vinto tutto durante la sua lunga carriera, tranne il Pallone d’Oro come migliore giocatore dell’anno. Una mancanza ampiamente ricompensata dall’assegnazione nel 1994 del Premio Nazionale Carriera Esemplare «Gaetano Scirea».Un premio che sembra unire la parabola sportiva di due campioni unici con una storia da raccontare sempre piena di colpi di scena, atti eroici, sofferenza, delusioni e vittorie da riempire intere serie televisive. Franco Baresi ha giocato 20 stagioni nel Milan, l’intera carriera professionistica, di cui 15 con la fasctda capitano. Dal 1977 al 1997 ha vinto sei scudetti, a partire da quello della stella del 1978-79, tre Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, tre Supercoppe europee e quattro Supercoppe italiane.Oltre ai campionati d’Europa del 1980 e del 1988, ha disputato tre incredibili campionati del mondo: Spagna 1982, Italia 1990 e Stati Uniti 1994. In Spagna ha fatto parte della spedizione che vinse il titolo mondiale senza giocare nemmeno un minuto solo perché davanti a lui c’era il più anziano Gaetano Scirea. Una storia incredibile essere il più grande numero 6 al mondo proprio quando nello stesso periodo gioca l’altro migliore libero di sempre. Nel 1994 fu capitano della nazionale e un infortunio sembrò privarlo della possibilità di giocarsi la finale contro il Brasile a Pasadena. Si era infortunato al ginocchio il 23 giugno durante Italia-Norvegia al Giants Stadium di New York ed era stato operato di menisco a Manhattan.Riuscì contro ogni pronostico a recuperare offrendo un esempio mai visto. Durante la finale giocò come nessuno prima e dopo di lui. Per comprendere la portata di uno spettacolo del genere bisogna pensare che per i 90 minuti dei tempi regolamentari più i 30 di supplementari in campo Baresi e Scirea fossero uniti nello stesso corpo.Fantascienza.Eppure la fine di questa storia non fu scontata. In qualsiasi film ci sarebbe stata la vittoria finale, qui invece Franco Baresi sbagliò il primo calcio di rigore. Tradì emozione. «Mi feci avanti convinto e deciso perché c’era bisogno di qualcuno che facesse coraggio alla truppa, in un momento cambiai decisione su dove tirare e purtroppo mi sbilanciai, colpendo il pallone in malo modo.Dopo di me sbagliarono anche Massaro e Baggio… un incubo per tutti», raccontò successivamente. Fu la sua vittoria. Franco Baresi è l’uomo che piange, il calciatore a cui la stampa aveva affibbiato una serie di aggettivi guerreschi improvvisamente infranti. Il sogno irripetibile sfuma eppure sotto il sole della California, il giocatore con la fascia da capitano diventa un’opera d’arte. La sua espressione smarrita e poi rotta dal pianto è un capolavoro umano, con Sacchi che lo prende sotto braccio e lo va a consolare, un’istantanea che rimarrà indelebile nella storia del calcio mondiale. All’inizio della sua carriera, Franco Baresi era chiamato Piscinin poi è diventato Kaiser Franz. A Pasadena era tornato a essere ciò che era all’inizio.Una traiettoria quasi allegorica, inaspettata, piena di significato e profondità come il suo gioco.Il suo sogno da piccolo era giocare con la semplicità grandiosa di Gianni Rivera di cui ammirava «la capacità di sintesi che faceva la differenza con tutti gli altri, mai un dribbling in più o il colpo ad effetto, ogni volta non finiva di stupirmi».Si tolse anche la soddisfazione, oltre di giocare con il suo idolo, di richiamarlo, perché si sa che l’”abatino” era un genio ma non esattamente un corridore: quella volta però accetto’ il richiamo del “ piscinin” e rientro’ correndo. Solo vivendo appieno ogni momento dell’essere calciatore ha potuto assaporare la felicità del compagno con cui giocava in serie B alzare la coppa dei Campioni: «La felicità più grande è stato vedere l’espressione di Chicco Evani sollevare quel trofeo». Finito di giocare in piena epopea berlusconiana ci si aspettava un ruolo di rango dentro il Milan, ma in realtà ebbe solo incarichi marginali, provo anche ad allenare nel settore giovanile, ebbe alcune disavventure personali, qualche investimento sbagliato, mantenne sempre comunque incarichi dentro il Milan, anche di rappresentanza perché Baresi “ è il Milan”. Franco Baresi può essere riserva o capitano, segnare il gol decisivo o sbagliare il rigore in una finale mondiale.Compie 60 anni ma resta un fuoriclasse senza tempo.Oggi inizia la sua vita da “quasi anziano” , fa impressione questa specie di identificazione, di Franco Baresi, sarà magari solo un caso, ma questa vita inizia ancora con un 6 davanti, buon compleanno capitano, con il 6 non dovresti avere problemi.