CALCIO: CIAK SI RIGIOCA, MA SARÀ UN ALTRO CALCIO

CALCIO: CIAK SI RIGIOCA, MA SARÀ UN ALTRO CALCIO

Dalla Serie A alla Premier e alla Bundesliga tutti i rischi legati ai rinvii e alle incertezze del coronavirus. Dopo circa tre mesi oggi, lo spettacolo calcio riapre i battenti in linea con la terza fase post-coronavirus.È la Bundesliga tedesca che fungerà da apripista, la prima dei 5 grandi campionati europei, con la Francia che da tempo ha chiuso definitivamente, mentre Italia, Spagna e Inghilterra si apprestano ad iniziare da lunedì gli allenamenti di squadra per poi iniziare il campionato, in linea di massima con la prima o la seconda settimana di Giugno. Olanda e Belgio avevano pure loro da tempo rinunciato. Quindi “ show must go on” , ha vinto, quasi dappertutto, la logica degli interessi economici, che collocano l’azienda calcio fra le prime aziende per fatturati e indotti in tutta Europa, e, seppur vogliamo pensare che la ripresa avverrà con tutti i migliori protocolli di sicurezza garantiti, e che quindi la salute verrà tutto sommato tutelata, sicuramente non sono stati tutelali gli interessi dello spettacolo: perché da oggi inizia un calcio nuovo che non sappiamo ne’ come sarà, ne’ quanto durerà, sappiamo solo con certezza che sarà un calcio diverso. Sarà un calcio solo televisivo, con gli stadi rigorosamente senza pubblico, sarà un calcio con nuove regole ( 5 sostituzioni), sarà un calcio con altri ritmi ( si giocherà da giugno ogni 3 giorni), sarà un calcio, purtroppo, con frequenti infortuni muscolorari ( impensabile che non avvengano visto la precarietà della preparazione svolta e gli incontri così ravvicinati), sarà un calcio estivo con climi torridi, e sopratutto sarà un calcio dove i contatti ravvicinati, le docce, e tutto quello che avverrà dentro gli spogliatoio, sarà, nonostante tutto, a rischio contagio, e con l’incognita del cosa fare, qualora emergessero casi di positività. Ovvio quindi che il campionato italiano che dovrebbe ripartire il 13 giugno, sarà concluso in maniera atipica e potrebbe anche riservare dei risultati diversi da quelli soliti: non era mai capitata una sosta di 3 mesi, non era mai successo di finire il campionato ad agosto, non era mai capitato di giocare così intensamente e con certi climi: insomma in giugno ripartirà un campionato nuovo, diverso, corto ed intenso che non è scontato che esprima gli stessi valori delle prime 24 giornate. In Italia la tabella dell’Inail, l’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, ha inserito i calciatori professionisti tra le categorie ad alto rischio: un indizio allarmante. In Spagna il ministro della Salute, Salvador Illa, ha ricordato che gli enti pubblici e privati provvisti di materiale sanitario per il coronavirus lo devono comunicare alle autorità sanitarie dello Stato, perché i test si eseguono soltanto dietro prescrizione medica: in pratica, una diffida ai club della Liga a fare privatamente i tamponi ai calciatori, perché le priorità sono altre. In Germania i consulenti del ministero del lavoro hanno realizzato una bizzarra e irrealizzabile bozza sul sistema delle precauzioni per i calciatori – mascherine da indossare in partita e da sostituire ogni quarto d’ora – che di fatto equivale alla bocciatura del protocollo studiato per la ripartenza della Bundesliga.Sono molte le incognite sul futuro immediato del calcio, ma una su tutte domina. Prima che il pallone torni a rotolare negli stadi di tutto il mondo, chiusi per pandemia salvo rare e discusse eccezioni come la Bielorussia di Lukashenko, Federazioni e Leghe calcistiche non dovranno soltanto mettere al sicuro se stesse e le loro squadre dal coronavirus, ma anche da un altro rischio: quello di passare più tempo in tribunale che attorno ai campi da gioco. Si profilano tante cause per i giudici del lavoro. Il problema aggiuntivo, a parte i temi strettamente clinici, è il blocco dell’attività agonistica per una situazione così inedita da non essere stata regolamentata in ogni suo risvolto da alcuna normativa sportiva.Lo stallo prefigura la possibilità di controversie legali di ogni tipo: dal rispetto dei contratti dei calciatori al taglio degli stipendi, dal pagamento dei diritti televisivi alle responsabilità dei medici sociali e dei dirigenti. Non è un caso che l’attesa, nella maggior parte dei Paesi, sia ormai quella di un intervento governativo: l’unico atto, come è accaduto in Olanda col decreto di sospensione dell’attività sportiva da parte del premier Mark Hutte fino al 1° settembre, che può liberare i dirigenti del calcio dal pericolo di essere portati in tribunale, per le più svariate ragioni, da uno qualunque dei soggetti che contribuiscono al confezionamento dello spettacolo più seguito al mondo. In questa persistente crisi gli interessi stanno diventando spesso opposti e generano potenziali conflitti. Non tutte le legislazioni nazionali sono uguali, ma il principio della prevalenza del diritto del lavoro sul diritto sportivo è basilare. Ed è la ragione per la quale la Fifa, nel certificare lo scorso 3 aprile che la pandemia rappresenta dal punto di vista giuridico “un caso di forza maggiore”, si è dovuta per ora limitare alle linee guida sui contratti, caldeggiando accordi pacifici individuali tra club e calciatori e indicando i propri organi giuridici come riferimento per la risoluzione di eventuali controversie. Contratti scaduti, svincoli e Il caso Ziyech L’aspetto più evidente riguarda i contratti in corso, validi fino al termine della stagione, cioè fino al 30 giugno. L’invito è a prorogarli fino a quando la stagione dovesse proseguire: in Europa, secondo il pronunciamento del comitato esecutivo Uefa, fino al 29 agosto, data della potenziale finale della Champions League. Tuttavia cominciano a configurarsi casi di potenziale conflitto verso l’indicazione Fifa per la quale un calciatore – ad esempio Ibrahimovic, il cui contratto col Milan scade il 30 giugno – resta vincolato, anche senza il rinnovo dell’accordo, al club col quale stava giocando e non può invece passare a un’altra società dopo il 30 giugno. Un caso inedito riguarda Hakim Ziyech. Il ventisettenne talento marocchino dell’Ajax, ingaggiato dal Chelsea, in teoria dovrebbe ancora vestire la maglia della squadra di Amsterdam. La domanda giuridica è questa: col campionato olandese sospeso definitivamente per il classico caso di forza maggiore, non potrebbe già trasferirsi subito dopo il 30 giugno a Londra e allenarsi con la sua nuova squadra, anche se nel frattempo gli venisse impedito di giocare in Premier League e in Champions, qualora fossero ripartite? Altra questione: a chi spetterebbe, in assenza di liberatorie, coprire l’indennizzo per eventuali infortuni, dal 30 giugno in poi, di un calciatore ceduto in prestito per la stagione attuale, visto che il periodo dal 1° luglio in poi ricade già contrattualmente nella fase in cui il calciatore in questione sarebbe dovuto rientrare alla squadra che lo aveva prestato? Conviene trattare come un prezioso oggetto di cristallo, ad esempio, un talento come il ventenne Dejan Kulusevski, che stava giocando col Parma in prestito dalla Juventus, oppure non impiegarlo affatto? Per rimanere al problema italiano, i protocolli stilati dalla Lega Calcio, approvati dal Ministro della salute e dal Comitato scientifico, si è saputo che non vanno più bene: al,eno 6/7 società si rifiutano di applicarlo ritenendola inapplicabile, e anche l’Aic avrebbe diversi calciatori al suo Interno che avrebbero più di una perplessità, e poi c’è la questione medico sociali: nessuno al momento vuole assumersi la responsabilità civile e penale, l’associazione chiede una manleva in caso di calciatori che si infettassero, insomma, si gioca, si giocherà di sicuro, non sappiamo se si riuscirà a portare a termine questo “ secondo” campionato, ma se ci si riuscisse, sarebbe solo ed unicamente per evitare il fallimento del sistema calcio, con tutto il suo indotto e con il gettito che fornisce allo Stato, non certo perché tutti i protocolli di sicurezza diano garanzie assolute e tantomeno perché lo spettacolo deve continuare, perché temiamo che lo spettacolo non ci sarà proprio. Di sicuro, all’orizzonte, si profila il ridimensionamento economico globale del mondo del calcio: da qui a 3 mesi, quando i tifosi sperano che il loro sport prediletto possa ripartire davvero, il potere contrattuale di un calciatore o di un club, in qualunque trattativa comprese quelle di sponsorizzazione o di negoziazione dei diritti televisivi, potrebbe essersi sgonfiato anche di tre volte, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.Il pianeta del pallone si è già rimpicciolito, anzi sgonfiato.