QUANDO ALLEN E BRUCE SI GIOCAVANO LA VITA IN POCHI MINUTI DI COMICITA’

QUANDO ALLEN E BRUCE SI GIOCAVANO LA VITA IN POCHI MINUTI DI COMICITA’

«La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà!» sentenziava un antico motto. Loro avevano solo una manciata di minuti per capire se la vita d’ora in poi gli avrebbe sorriso o li avrebbe seppelliti anzitempo. E loro sono i giovani eroi-antieroi della serie I’m Dying Up Here che da domani arriva su Sky Atlantic dopo il successo ottenuto con la prima serie trasmessa in America prodotta dalla Showtime (quella di tanti prodotti di successo qui da noi, da The Affair a Twin Peaks a Homeland). Loro, oggi, sono i pronipoti dei pionieri della Stand Up Comedy, vale a dire quella sequenza di siparietti comici che si tenevano rigorosamente in piedi sui piccoli palcoscenici improvvisati all’interno di pub, teatrini e cantine dell’Off Off Broadway nei Settanta e anche qualche anno prima: il giovane sconosciuto di turno afferra il microfono e, in una sanguinaria sfida con il pubblico, cerca di collezionare più risate e applausi possibili raccontando vita, società, politica, affari di famiglia, aneddoti di scuola tra parolacce, sessismo di quart’ordine, ridicolo machismo ma anche illuminanti verità e guizzi di straordinaria intelligenza.Nella Los Angeles di I’m Dying Up Here ogni sera un gruppo di cabarettisti attende di esibirsi al Goldie’s, il club più in voga della metropoli. Ma, al di là di ciò che ognuno di loro regalerà agli avventori, quello che conta nelle vicende della serie è il prima: loro, i comici, sono disposti a tutto per vincere la sfida ma nel dietro le quinte devono vedersela con Goldie (interpretata da Melissa Leo), la proprietaria che gestisce tutta l’attività con la caparbietà, il fiuto e la spietatezza di un vero boss.AMBIZIOSIAmbiziosi o folli, immaturi o già con l’ X Factor dell’intrattenitore di razza, Eddie e i suoi colleghi Cassie, Ron, Sully, Adam e tanti altri si sforzano di condividere col pubblico i loro pensieri più intimi e i segreti più oscuri. E non è quindi un caso che a produrre la serie sia proprio un comico straordinario qual è Jim Carrey che si affacciò al teatro e poi al cinema proprio lanciato dal trampolino della Stand Up Comedy, alla pari di personaggi rimasti celebri come Richard Pryor, Andy Kaufman, il re del talk show David Letterman e Jay Leno. E non è un caso, inoltre, che il jet set della produzione tv Made in Usa torni prepotentemente, nell’era Trump, a rispolverare quei Settanta che sancirono la fine del sogno americano. Così è accaduto, tanto per fare un esempio, per la serie The Deuce appena terminata in Italia, racconto degli albori del porno ma anche di un Paese anarchico nel quale germogliava il modello del Giustiziere di turno (vedi il Travis Bickle di Taxi Driver creato da Scorsese).Tra quei volti di esordienti stand up comedian non si può non ricordare uno degli iniziatori del genere, addirittura negli anni Sessanta; l’allora timidissimo venticinquenne Allan Stewart Königsberg, che diventerà noto al mondo come Woody Allen, debuttò proprio al Blue Angel cercando di accaparrarsi una manciata di risate con pezzi del tipo: «Io non sono un pugnace. Non so battermi e, poi, ho i riflessi lentissimi. Una volta fui investito da un’auto con una gomma a terra, che la spingevano in due».RICOSTRUZIONEEcco, tutto questo e molto altro è I’m Dying Up Here dalla ricostruzione perfetta dei luoghi, degli abiti, delle mode. «Goldie è una donna complicata» ha detto qualche giorno fa l’attrice premio Oscar Melissa Leo agli incontri di Capri-Hollywood -. «È un personaggio sfaccettato. Sono felice di far parte di questo gruppo insieme con Alfred Molina, Sebastian Stan, Robert Foster, Michael Angarano. La scrittura è molto bella – ha continuato l’attrice – e permette di scoprire come la vita del comico, che sale da solo sul palco, possa essere durissima e a volta addirittura tragica». Ed è proprio l’elemento anche tragico di I’m Dying Up Here a riportare alla memoria un altro grande comico nato nella palestra della Stand Up Comedy come Lenny Bruce. Al cinema la sua storia la portò nel 74 Bob Fosse proprio in Lenny, scegliendo Dustin Hoffman come protagonista. Lenny Bruce; un comico dall’umorismo greve, denunciato spesso per oscenità. Ma dietro al suo linguaggio volgare, si nascondeva la storia tragica di un uomo dalla vita sregolata tra alcol e droga, in perenne lite con la moglie ex spogliarellista. Ma soprattutto nemico dell’America puritana che in quegli anni devastava il Vietnam in una guerra suicida.