AL QAEDA E CALIFFATO, DUE ANIME JIHADISTE CHE RESTANO LONTANE

Negli ultimi due anni alcuni esperti hanno discusso a lungo su una possibile pacificazione tra al Qaeda e il Califfato. Qualche osservatore aveva anche ipotizzato un ruolo di mediatore da parte del figlio di Osama, Hamza bin Laden, poi ucciso dagli americani. È stato il campo, al solito, a dare le risposte. Le due anime jihadiste restano lontane, anzi continuano a spararsi. La rivista dello Stato islamico al Naba ha pubblicato un articolo dove racconta lo scontro in atto nel Sahel: gli uomini del Califfo hanno accusato i qaedisti della fazione JNIM di tradimento, di collusione con il nemico, di sabotaggio nella lotta contro i “crociati”. I segnali su trattative future degli insorti con il Mali sono stati considerati come una prova della collaborazione. E, insieme alle parole, ci sono stati i fatti, numerosi scontri a fuoco e ricorso a tattiche kamikaze. Una rivalità che non ha però fermato le attività in diversi paesi della regione contro le forze governative e francesi. Il 4 maggio Parigi ha annunciato la morte di un legionario nel territorio maliano, il militare è stato centrato dal tiro dei ribelli islamici. Come sottolinea un’analisi di Longwar Journal si ripete quanto visto nello Yemen, in Afghanistan e in Siria. Lo Stato islamico non fa sconti, ritiene che qualsiasi contatto (sia pure vago e accennato) con l’avversario vada respinto, porta avanti la sua campagna di guerra ad oltranza. Il messaggio è chiaro e sanguinoso: ogni trattativa – come quella che ha portato al fragile accordo tra Stati Uniti e talebani – deve essere sepolta a colpi di Kalashnikov, bombe, attentati. Lo Stato islamico in questo modo esalta il proprio ruolo, prova a conquistare spazi, mira ad attirare la componente oltranzista delusa dalle scelte attuate dai dirigenti regionali di al Qaeda. È la corsa a chi ha gli artigli più affilati.(mio contributo per Rassegna stampa/Corsera)