DOPO I NAVIGATOR, MI CANDIDO COME MISURATOR

DOPO I NAVIGATOR, MI CANDIDO COME MISURATOR

Raccontino della notte. Tre giorni fa, da Padova, la sua città, la presidente del Senato Casellati ha lanciato l’idea di istituire una ‘Giornata dei camici bianchi’. . In verità, la proposta era stata lanciata già il 16 aprile dal regista Ferzan Ozpetek, attraverso una petizione e un appello al presidente Mattarella. , si dice in cremonese. Da Cremona, l’Avvocato Cesare, penalista, ne lancia un’altra. . L’Avvocato Cesare, oltre ad essere il decano dei penalisti, è uomo acuto, dalla battuta sagace. Conversiamo al telefono sulla Giustizia. La povera Giustizia. I politici che negli anni se ne sono occupati, giù Roma, hanno messo pezze peggio delle toppe. Forse perché non c’è un vero interesse a farla funzionare. Me lo dicono, da sempre, gli avvocati e i magistrati. Ma ci vorrebbe un trattato. Al pari dei camici bianchi, anche le toghe nere hanno i loro pazienti da curare, i clienti. , mi dice l’Avvocato. Mica facile, perché giù, a Roma, fanno le leggi, le rottamano, le rifanno. Soprattutto, le complicano senza necessità. Un ginepraio. Adesso che la Giustizia ripartirà, intendo i processi (da domani), il DPCM è il Codice di riferimento sulle modalità in emergenza sanitaria. Il ministro Bonafede, avvocato, spinge per i processi da remoto, là dove sia possibile, per evitare assembramenti nelle aule. Altrimenti, in aula, ma a porte chiuse. A me che non sono né è virologa, né immunologa, né epidemiologa. Scusate, rettifico, è che a forza di sentir parlare, da sessanta giorni e passa, i camici bianchi luminari, mi sono confusa. A me che non sono né avvocato né magistrato, ma cronista che da 26 anni ha la tenda in tribunale, questo stravolgimento mica piace. Intanto, non capisco perché i cronisti di giudiziaria non possano di nuovo metter piede nell’aula di giustizia. Parlo di Cremona, dove le aule penali sono due, capienti. E dove le croniste si contano sulle dita, due, di una mano. In aula occupiamo un angolino, in fondo, nel ring del pubblico. Mascherate e guantate, le distanze sarebbero rispettate. Sai che noia attendere ore in corridoio, davanti ad una porta blindata. E noia a parte, non è la stessa cosa. Il cronista ascolta, registra le emozioni di un testimone, le verità o le balle (gli è consentito) di un imputato. Osserva le espressioni di un volto, il tormentarsi delle mani. Assiste ai battibecchi, alle ramanzine. Nel processo live, il cronista si fa un’idea di come andrà a finire e spesso ci azzecca. Con la porta blindata, il nostro mestiere è svilito. Ti affidi e ti fidi, del riassunto dei difensori che, giustamente, tirano acqua al proprio mulino. E’ che sono riassunti come dicono ii legulei. E i processi da remoto? Non piacciono alle toghe nere e, sotto sotto, ma neanche tanto sotto, nemmeno ai giudici togati. Secondo il Codice DPCM, certi processi, gli avvocati vengono invogliati a farli seduti alla scrivania del loro studio legale con accanto l’assistito o gli assistiti, ad un metro di distanza, tutti mascherati. , riflette l’Avvocato Cesare con il quale resto sulle misure di sicurezza. Nel caso del processo da remoto, prima di varcare la soglia dello studio, la toga nera devi infilarsi il camice bianco e misurare la febbre all’assistito. . All’Avvocato ricordo i navigator, creature di Di Maio. E gliela butto lì. Sulla soglia degli studi legali si potrebbero piazzare i misurator. Vado oltre. Visto che non posso più mettere piede in aula, io mi candido come misurator. Scusate il disturbo.