RICORDANDO PAOLO GIUNTELLA, L’INVIATO CHE AMAVA LA BELLEZZA

RICORDANDO PAOLO GIUNTELLA, L’INVIATO CHE AMAVA LA BELLEZZA

L’ultima volta (temevo già fosse l’ultima) siamo stati insieme a Genova, per il 25 aprile. Gli sono stato vicino, in silenzio, pronto a sostituirlo. Stava già male: la sera non è venuto a cena con noi perchè sentiva freddo (ed era caldo). A lui non piacevano i coccodrilli, quindi neanche mi azzardo. Ricordo solo la discussione in taxi per tornare all’aeroporto: voleva buttare giù tutto, cioè la sopraelevata, perchè “Genova non meritava quello scempio”. E alle proteste del tassista che sottolineava il grande problema del traffico, lui stizzito replicava: “Ma chi se ne frega del traffico, la bellezza innanzitutto. La vita è fatta di bellezza”. E detta da uno che sapeva già di morire fa venire i brividi e insegna qualcosa. Paolo Giuntella era così.  Gli sono ancora grato perchè ai tempi di Kukes mi tolse il disagio di una situazione angosciante, rendendosi disponibile per una fatica indescrivibile lasciandomi l’impegno più comodo di Tirana. Ma quei profughi che sfilavano dall’inferno del Kosovo, quelle donne e quei bambini senza passato nè futuro, senza niente, gli erano troppo cari e troppo vicini per “regalarli” ad altri. La sua morte, in effetti, sarebbe un fatto privato se il suo ruolo di quirinalista del Tg1 non lo avesse fatto avvicinare al grande pubblico che lo ricorderà sempre per quei resoconti puntuali ma evidentemente troppo stretti per un poeta. Unico segno, quel cappellaccio che sfoggiava, secondo me, come trasgressione a un impegno istituzionalmente ufficiale. Per non dire della Vespa, di cui era orgogliosissimo. Ciao, Paolo. Peccato per quella cena mancata: il pesto era straordinario.