CORONAVIRUS ITALIA. FASE 2: FINORA BENE MA CONTENIAMO GLI ENTUSIASMI

Fase 2, iniziata il 4 maggio. I primi contagiati a causa delle aperture 3/4 giorni dopo. IL tempo di chiedere il tampone e di ottenerlo. Il tempo dell’analisi. Facciamo dieci giorni, vale a dire che ad oggi dovremmo già risentire di qualche conseguenza. Viceversa gli ultimi giorni sono passati lisci. Tasso di crescita dei contagi ovunque non superiore allo 0,5%. Quattro Regioni a zero, il 20 maggio, coi nuovi contagi: Basilicata, Molise, Umbria, Valle d’Aosta. Altre 7 con l’incremento di solo un decimale Marche, Sardegna, Sicilia, Campania, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Calabria. Per carità, niente a che fare con le previsioni dell’Osservatorio per la salute delle Regioni che un mese fa lasciava intravvedere qualche speranza di contagio zero, nel corso di questa settimana, anche in Liguria e Piemonte, che ne sono ben lontane. Ma sono invece sicuramente migliori gli orizzonti per una Regione come le Marche, per la quale non si davano speranze fino a fine giugno e che invece, toccando ferro, è arrivata a pochi numeri dallo zero. Nel complesso dunque, il fatto che si sia raddoppiato il numero delle attività produttive parrebbe non avere innescato, finora, la temuta reazione a catena dell’infezione. Un po’ presto comunque per esserne sicuri. E soprattutto nessuno può garantire un andamento altrettanto positivo per quando si sentiranno le conseguenze dell’apertura già effettuata il 18 maggio. Ristoratori, bar e parrucchieri in prima linea. Tanto meno per quanto potrà accadere dopo il 3 di giugno. Data in cui dovrebbe esserci, se tutto andasse quanto meno benino, l’apertura dei confini interregionali e delle frontiere nazionali. Una sintesi efficace dei pericoli futuri la fa il prof. Galli, epidemiologo dell’Istituto Sacco di Milano. Uno che prima di spargere una goccia di ottimismo lo devi strizzare come un limone, ma non di meno uno che spesso ci azzecca. Dapprima spiega che diversi casi registrati negli ultimi giorni potrebbero risalire a contagiati tempo addietro, che erano sfuggiti ai tamponi quando venivano meno utilizzati. Tu pensi “Bene! Ciò significa che i casi determinati dall’apertura sono ancora di meno”. Niente da fare, c’è un rovescio della medaglia che è invece inquietante. Tanti potranno essere, infatti, secondo Galli, i positivi non ancora negativizzati, che approfitteranno delle aperture per rientrare in circolazione. E se ci aggiungi asintomatici e nuovi casi, devi veramente immaginare un futuro da percorrere con i piedi di piombo. A tale proposito l’epidemiologo ribadisce che il rapporto tra i contagiati noti e quelli effettivi sarebbe di dieci a uno. A nostro avviso, quando i tamponi erano ancora pochi, si poteva temere un rapporto ancora più alto. Oggi ci azzardiamo a dire che si potrebbe ipotizzare un rapporto anche leggermente più basso. In fondo i tamponi positivi su quelli analizzati il 20 maggio sono stati meno dell’1%. D’accordo che ogni persona viene analizzata almeno due volte, ma i tamponati sono pur sempre soggetti più “sospetti” della media. Ora, consideriamo che i positivi “ufficiali”, in Italia, sono lo 0,37% della popolazione e che quelli reali dovrebbero probabilmente stare un poco sotto il 3%. Non ci sembra allora eccessivamente ottimistico ipotizzare un ventaglio di possibilità che indichi il rapporto tra contagiati effettivi e contagiati ufficiali tra le cinque e le dieci volte. E sottolineiamo pure il fatto che i casi asintomatici, indubbiamente subdoli perché non manifesti, hanno quanto meno, stando ai si dice, un grado di contagiosità meno elevato. Una situazione dai risvolti tutti da scoprire, ma non necessariamente tragica. Entusiasmo dunque? Andiamoci piano, ma non trascuriamo nemmeno gli aspetti positivi. In fondo oggi le province con tassi superiori allo 0,5%, ma pur sempre inferiori all’1%, si contano sulle dita di una mano (Torino, Novara, Monza, Pavia e scusate se ce ne sfugge qualcuna). Aggiungiamo pure qualche area metropolitana da tenere sempre sotto sorveglianza, date le grosse dimensioni. Soprattutto Milano, Torino e Genova, ma anche Roma, in versione ridotta quanto ai contagi, nasconde le attrazioni e le incognite di una grande città . Aggiungiamo anche, più in generale, le province lombarde come Bergamo e Brescia già nell’occhio del ciclone e non del tutto fuori. Conteniamo comunque gli entusiasmi. L’impegno richiesto sarà ancora notevole e i rischi sempre dietro l’angolo. Ma quanto meno manteniamo la fiducia in noi stessi e vediamo di meritarcela. Come se la strameritano coloro che sul luogo di lavoro ci stanno facendo ripartire, non godendo sempre di quelle protezioni che un paese civile dovrebbe loro garantire.