PRATO: SCHIAVI PER PRODURRE MASCHERINE

La truffa è di quelle vergognose che viene a macchiare tutta la comunità pratese dopo che la pandemia sembrava averla toccata in modo meno devastante di tante altre realtà. Ed ecco Prato sugli altari della cronaca per una serie di forniture di mascherine chirurgiche fornite al dipartimento della Protezione civile e ad Estar, la centrale acquisti in sanità della Regione Toscana. Dpi, ed in parte già consegnati, che non sarebbero stati conformi ai requisiti previsti Ma questo non sarebbe tutto, oltre una evidenza confermata dalle analisi dell’Istituto Superiore di Sanità emergerebbe un mondo fatto di sfruttamento, prevaricazioni scoperto da un’inchiesta di guardia di finanza e procura di Prato, che ha portato nelle scorse ore all’arresto in flagranza di 13 titolari di ditte tessili cinesi riconvertite alla produzione di presidi medici. Una operazione imponente, quella sul territorio pratese, che ha visto entrare in azione 250 finanzieri che, insieme a personale Asl, hanno perquisito oltre 30 aziende cinesi del distretto tessile pratese. Le indagini nascerebbero da precedenti accertamenti indirizzati verso un imprenditore orientale, destinatario di una misura di custodia cautelare perché avrebbe sfruttato il lavoro di 23 suoi connazionali, per lo più immigrati irregolari o impiegati in nero, costretti a turni di 13/16 ore al giorno, in condizioni degradanti e in laboratori-dormitorio, veri loculi dove adagiarsi per poco tempo per poi riprendere la frenesia del lavoro. Orari da vera schiavitù con pause di dieci quindici minuti per i pasti. L’inchiesta nel suo svilupparsi ha visto poi entrare altri due imprenditori cinesi, che adesso sono indagati per frode in pubbliche forniture e truffa ai danni dello Stato. La loro azienda era divenuta famosa lo scorso marzo perché era stata una delle prime del Paese a riconvertirsi dalla confezione di abbigliamento a quella di mascherare chirurgiche. Il gruppo era diventato un punto di riferimento importante, fondamentale, vista la carenza e la situazione ancor più emergenziale di quei giorni. Erano arrivati contratti ed ordinativi importanti se secondo quanto emerso, prevedevano «la fornitura di 93 milioni di mascherine alla Protezione civile e di 6.700.000 ad Estar, a fronte di corrispettivi, al netto dell’Iva, pari a circa 41,8 milioni e 3,2 milioni di euro». Le indagini riguarderebbero anche due società presenti in provincia di Firenze. Queste a loro volta gestite da imprenditori italiani avevano stretti legami di collaborazione con l’azienda dei due fratelli e sarebbero state anche queste destinatarie, di commesse da parte di Protezione civile ed Estar Nel corso dell’operazione sono state sequestrate milioni di mascherine. Protezione civile ed Estar sono chiaramente parti lese e stanno collaborando all’inchiesta. Ma oltre alla non conformità di questi presidi sanitari ci sarebbe anche altro. Dietro queste aziende sarebbero stati individuati di 90 immigrati orientali irregolari. L’azienda dei due fratelli, vista la domanda, si sarebbe avvalsa di costoro, quali «contoterzisti e subappaltatori occulti». Un vorticoso giro che avrebbe poi coinvolto due aziende dell’imprenditore destinatario della misura di custodia cautelare e di ben altre 26 ditte di confezioni orientali tutte sospettate, secondo quanto si legge nelle note diffuse, di «analoghe criticità circa il modo di operare, quanto meno in termini di impiego di mano d’opera a nero e violazioni delle norme che regolano la sicurezza sui luoghi di lavoro». In ben tredici di questi laboratori, dove fra l’altro le norme igieniche erano fuori controllo, è stato eseguito l’ordine di arresto dei rispettivi proprietari perché nelle loro aziende erano impiegati immigrati irregolari.