MARIOLINO CORSO, ADDIO AL GIOCATORE GENTILUOMO

Intervento di parte: muoreMariolino Corso, un giocatore gentiluomo senza ruoli riconoscibili, più intelligente che plasmato in palestra. Un fuoriclasse geniale e niente atletico, estratto da una compagnia, l’Inter, che allora non aveva uguali, per intelligenza complessiva, ancora, per fantasia, per visione di gioco, un gioco mai noioso, mai. Sempre costruito, inavvertitamente, per dare emozioni fortissime, per stupire nella sua linearità epica, direi proprio epica. Perché c’era epica in quella dinamica, in campo. Esattamente l’opposto, nello schema, della trama offerta in questi anni recenti dal Barcellona, dalla Spagna. Sul campo. Ecco, il gioco di quell’Inter, quella di Mariolino Corso e di Helenio, sembra – in architettura – il romanico, mentre il fantastico ritmo spagnolo pare proprio il barocco. Bello uguale, ma il barocco, parlo per me, annoia presto. E il romanico no. Ma il barocco è più vicino ai nostri tempi, sta più del romanico nelle fortune del presente. Perché si lega ad un atletismo spasmodico, alla tecnologia del “pallonare”, al piacere del fraseggio intenso, approda presto al virtuosismo. E questo, parlo per me, annoia. Benché sia in apparenza quanto di più vicino allo show, anima della attuale epopea del mondo. Mentre con l’Inter, conveniva saper leggere una geometria che appariva solo inquadrando la scena in campo con un’ottica abbastanza ampia da contenerla tutta perché le linee fossero intuibili, di più, visibili…ed era spettacolo comunque, anzi… Diverso, ecco. Ora il pubblico ama il forte che spezza il debole. L’Inter, con Mariolino, testimoniava una religione inversa, era quella di David e Golia. Mariolino aveva il corpo di un impiegato di terzo livello. E vinceva, con i suoi fantastici amici e colleghi, eccome, piegando avversari armadi di muscoli e micidiali tecnoatleti. Vinceva, ma è secondario. Ciò che contava era la luce che accendeva quell’Inter in chiunque avesse un po’ di cuore, calcistico, e cervello, calcistico. Eleganza, leggerezza, abilità in souplesse, e ancora e ancora intelligenza. Un profilo armonico che teneva i tempi, li accarezzava, li usava e già qui c’è aria di un insolito eroismo: in genere il tempo è padrone di tutto. Sarà per questa malinconia profonda e in fondo dolce per ciò che è stato, per questo bellissimo ordine delle cose, per questa antitesi drammatica che sfonda nell’antieroe, nel piccolo grande uomo, di nuovo in Davide che frantuma il gigante…. Sarà per l’infinita pazienza che questa malinconia ti impone, sarà per l’educazione molto umana e comprensiva che questa particolare esperienza emotiva ti offre da decenni…. Sarà per la commozione che ti regala ogni volta che rifletti sul fatto che il forte questa volta non vincerà, ma vinceranno cuore e intelligenza. E forse prima ancora vincerà lo stile, il piacere musicale del calcio…. Tutti vincenti che non decidono da soli il punteggio aritmetico… sarà per tutto questo che è bello ed eroico stare dalla parte dell’Inter. E convivere con quel nerazzurro.