UCCISO 16 ANNI FA IN IRAQ, ENZO BALDONI RITORNA NELLA SUA MILANO

Era il 2004, quando fu barbaramente ucciso in Iraq. Per dieci anni il corpo restó disperso, poi rientró in Italia, in un piccolo cimitero umbro. Ma Milano era “la sua città” e oggi Enzo Baldoni ci ritorna.****“Milano era la sua città, e lo sarebbe sempre stata, per parafrasare una celebre frase di Woody Allen. Questo giorno ha il sapore di un ritorno a casa”. Dopo dieci anni in un piccolo cimitero umbro la salma di Enzo Baldoni, free lance tra i primi ad essere rapito e ucciso dai ribelli islamici in Iraq, arriva a Milano, sua città d’adozione. “E’ il luogo che lui senz’altro avrebbe scelto per riposare in pace”, spiega emozionata la moglie Giusi Bonsignore, con i figli Gabriella e Guido. Il corpo è in attesa della tumulazione martedì mattina al Monumentale e per ora Enzo troverà posto vicino alla statua di San Francesco intento alla Predica agli uccelli, ma non è escluso un futuro spostamento. “Ho scritto una lettera al sindaco Beppe Sala informandolo che volevamo portarlo a Milano e provando anche ad ipotizzare un piccolo posto per lui al Famedio. E’ partito per documentare le atrocità della guerra, preparava reportage per il settimanale Diario ed è stato rapito in un convoglio che guidava la colonna di vetture della Croce Rossa incaricata di portare aiuti a Najaf assediata. Si batteva per la pace con tutta la sua energia – nota sottovoce la moglie -. In ogni caso siamo felici di averlo in quel magnifico cimitero che è il Monumentale di Milano”. Enzo morì a 56 anni intorno al 26 agosto 2004. La data è sempre rimasta presunta, perché non c’è certezza delle sue ultime ore. Dal 2004 al 2010 il corpo del giornalista e pubblicitario è peraltro rimasto disperso in Iraq e quando finalmente fu trovato e riportato in Italia, fu temporaneamente sepolto nel paesino umbro dove viveva il suo anziano padre, con i fratelli. “Ora che il nonno non c’è più averlo a 600 chilometri di distanza iniziava a pesarci, ma lo abbiamo trasferito soprattutto pensando a lui – tiene a sottolineare Guido -. Papà era un topo di campagna e aveva studiato agraria ma con il giornalismo era diventato cosmopolita, si era innamorato di Milano e si era trasformato in topo di città, non riusciva a stare per troppo tempo lontano da Milano”. Con i figli girava per i quartieri in bicicletta: “L’ultima volta che l’ho visto pedalavamo attraverso il parco Sempione e sui terreni di quella che oggi è diventata City Life”, ricorda Guido, che fa il musicista. Gabriella ha fondato invece l’associazione Campacavallo, per bambini e ragazzi. La città lo ricorda e nel 2014, a dieci anni dalla scomparsa, furono raccolte 10 mila firme per chiedere che fosse intitolata a lui una via o piazza e l’allora sindaco Giuliano Pisapia aveva preso l’impegno, ma nel tempo non se ne era fatto più nulla. Portano il suo nome l’auditorium civico del Municipio 8 in via Quarenghi e vari premi giornalistici.