“Fammi vedere la chat coi colleghi” | Da oggi il tuo datore di lavoro ti controlla il telefono: è diventato un suo diritto
L’azienda può guardare le chat dei dipendenti (pexels) - www.alganews.it
Il datore di lavoro può controllare il tuo telefono: cosa dice la legge italiana al riguardo e come tutelarsi per evitare problemi
Si riaccende ancora il dibattito in merito a diritti e doveri dei lavoratori dipendenti. Dopo la normativa del 20218 sulla privacy, con l’accelerazione del progresso tecnologico, si fa sempre più fatica a creare il giusto compromesso nella gestione della vita privata e della vita lavorativa.
È diventato virale sui social un post che dà molte nozioni al riguardo, così si è riacceso ancora una volta il dibattito che non è mai stato realmente archiviato: fino a che punto un datore di lavoro può controllare lo smartphone di un dipendente?
Secondo un’interpretazione giuridica sempre più diffusa, oggi esistono margini più ampi per le aziende di verificare l’uso dei dispositivi personali, quando ci siano fondati sospetti di comportamenti illeciti o dannosi per l’impresa.
A spiegare bene quanto è il famoso avvocato che fa divulgazione sui social, Angelo Greco.
Il datore di lavoro può controllare i nostri dispositivi
In un approfondimento a vignette pubblicato su LinkedIn, l’avvocato Angelo Greco ha ben spiegato il principio cardine sul quale doversi basare per interpretare la legge.
La proporzionalità è la giusta misura. Il datore di lavoro non può certo curiosare nella vita privata del dipendente perché legalmente non ne ha alcun diritto, ma può controllare il telefono e le chat nel caso in cui questi strumenti vengano utilizzati nell’ambito lavorativo e per scopi professionali. In caso di indagine interna, ad esempio, oppure nel caso in cui si fosse sospettati di diffusione di dati riservati, o in generale di altri comportamenti scorretti, la legge ammette il controllo mirato.

WhatsApp taglia il confine della privacy
La normativa sulla privacy 2016/679, ovvero la normativa europea sulla protezione dei dati personali, entrata in vigore nel maggio 2018, non vieta in assoluto i controlli, spiega Greco, sottolineando che invece impone che avvengano nel rispetto dei 3 principi cardine di necessità, minimizzazione e trasparenza.
Il controllo “a sorpresa”, come quello di leggere chat private o accedere alle gallerie fotografiche, resta sempre illegittimo, ma le piattaforme come WhatsApp sono state le artefici del crollo dei confini ben scanditi tra vita lavorativa e privata. Queste app hanno reso più difficile far distinzione nella gestione delle due parti di vita ed è per questo che bisogna tutelarsi, magari con due dispositivi diversi. Altrimenti tutto ciò diventa un campo minato per la tutela della riservatezza.
