“Ci dovete restituire 24mila euro entro il 31 ottobre” | RACCOMANDATA INPS: rivogliono la pensione del 2018

La raccomandata dell'INPS

La raccomandata dell'INPS (Fonte: Wikimedia Commons) - www.alganews.it

Come mai si parla di una restituzione all’INPS di 24mila euro che sta generando il panico tra i pensionati? Facciamo chiarezza in merito.

Quando si inizia a lavorare non tutti lo fanno, ma in molti dovrebbero iniziare già a pensare alla propria pensione, poiché questo discorso non appare più così netto e scontato come succedeva ai tempi dei nostri nonni o genitori.

I cedolini sono più bassi del passato da quando siamo passati dal sistema retributivo a quello contributivo, per questo motivo fareste meglio a trovare strategie di risparmio fin dall’inizio, in modo da accantonare una cifra considerevole.

C’è chi si appoggia a fondi pensionistici esterni, chi invece decide di versare una cifra al mese in un libretto postale, oppure in un fondo di accantonamento e così via.

Queste sono ottime soluzioni per poter integrare una cifra maggiore a quella che sarà la pensione definitiva. Ma oltre a questo, qualora dovesse succedere anche a voi che l’INPS vi dovesse richiedere indietro 24mila euro, non finireste “a gambe all’aria”. Cerchiamo di capire che cos’è successo.

Il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo

Prima di parlarvi di quella restituzione della pensione volevamo chiarire il concetto accennato in apertura sul fatto dei cedolini pensionistici più bassi rispetto a quelli del passato dopo il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Dunque il sistema retributivo è stato alla base del calcolo pensionistico fino agli anni 90 e prevedeva un calcolo che si basava sulla media degli stipendi che il lavoratore aveva percepito negli ultimi anni di lavoro. Quindi più lo stipendio era alto negli ultimi anni, più le pensioni erano generose visto che veniva previsto circa l’80% dell’ultimo stipendio. Tuttavia questo metodo non teneva conto degli anni effettivi di contributi che un lavoratore aveva versato, per questo nel 1995 la riforma Dini introdusse il metodo contributivo. In questo modello quindi il calcolo pensionistico non si basava più sulla cifra degli ultimi stipendi, bensì sugli anni di contributi versati durante tutta la carriera lavorativa.

Il passaggio da un metodo all’altro non è stato immediato ma graduale, poiché chi aveva almeno 18 anni di contributi fino al 31 dicembre 1995 si è visto calcolare la pensione solo con il metodo retributivo. Chi ne aveva meno di 18 è rientrato nel sistema misto e infine per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, gli è stato applicato solo il metodo contributivo. Questo ultimo metodo è quello attuale e seppur più proporzionato, spesso porta a ricevere assegni più bassi rispetto a quelli del passato, per quello tutti dovrebbero iniziare a pensare a una previdenza complementare.

La restituzione della pensione
La restituzione della pensione (Fonte: Canva) – www.alganews.it

La restituzione della pensione richiesta dall’INPS

Chiusa la parentesi sul sistema attuale per calcolare la pensione, come mai si parla di una restituzione di massa di 24mila euro verso l’INPS? Come leggiamo da linkedincaffe.it, il caso in questione è emerso con un pensionato che avrebbe aderito a Quota 100 e avrebbe lavorato come comparsa occasionale percependo soltanto 78 euro complessivi. Per chi non lo sapesse, la norma prevista in tal senso prevede limiti ben precisi, vietando ogni attività retributiva prima del compimento dei 67 anni se si è andati in pensione con un metodo agevolato, come Quota 100, Quota 102 o Quota 103. Tuttavia la normativa contempla collaborazioni occasionali che non superino i 5mila euro annui che non dovrebbero comportare obbligo di restituzioni.

Da qui il ricorso del pensionato che si sarebbe visto sospendere la pensione, nonché la richiesta della restituzione dell’intera pensione erogata nel periodo di attività che si aggirava appunto a 24mila euro. Il tribunale però come leggiamo sul sito: “ha ritenuto illegittima la richiesta, stabilendo che il divieto di cumulo non può essere applicato rigidamente a lavori marginali o episodici. Di conseguenza, l’ente previdenziale è stato obbligato a restituire le somme trattenute in modo improprio…”, aprendo quindi una svolta qualora altri pensionati si fossero ritrovati in situazioni analoghe.