DIRETTIVA COPYRIGHT, COSA CAMBIERA’. SE CAMBIERA’
Il Parlamento europeo riunito a Strasburgo ha votato a favore della direttiva contenente le nuove norme sul diritto d’autore nel mercato unico digitale dell’Unione Europea. Si è trattato dell’ultimo passaggio legislativo necessario, a cui avrà seguito un passaggio formale al Consiglio per essere infine convertito in legge.Di questo ci siamo già occupati su alganews in questo articolohttps://www.alganews.it/…/copyright-via-libera-dal-parlam…/…. Il dibattito ha avuto toni accesi per quanto riguarda due articoli ed ha interessato politici, istituzioni, editori, operatori del web. Gli articoli interessati sono l’ 11, che prevede un compenso per gli editori da parte delle piattaforme online, e l’Articolo 13 (nel nuovo testo divenuto Articolo 17), che stabilisce una maggiore responsabilizzazione di queste ultime per le violazioni dei diritti d’autore.Per quanto riguarda l’Articolo 11, la direttiva consente, in via facoltativa, agli editori di negoziare accordi con le piattaforme che contemplano una remunerazione per l’utilizzo dei loro contenuti; gli introiti dovranno in teoria essere condivisi con i giornalisti. L’articolo 17 (ex-Articolo 13), è stato quello che ha suscitato il numero maggiore di reazioni e critiche. Introduce il principio di responsabilità dei grandi operatori (come YouTube e Facebook) per i contenuti che verranno caricati sulle piattaforme. Questo significa che d’ora in poi gli utenti non rischieranno di essere sanzionati per aver messo online materiale protetto da diritti d’autore senza autorizzazione; al contrario, saranno le piattaforme online a doversi assicurare che i questi contenuti non infrangano le norme sul copyright, e si dovranno occupare di rimuoverli nel caso in cui ci siano violazioni. Ogni piattaforma sarà tenuta a stipulare accordi con i detentori dei diritti, garantendo che queste licenze vengano rispettate anche con l’utilizzo di sistemi e meccanismi atti ad evitare che possano essere nuovamente caricati. Tuttavia, I colossi di internet quindi non saranno automaticamente ritenuti responsabili se si impegneranno in modo fattivo per prevenire la disponibilità di contenuti illeciti. Con questa formulazione, la Direttiva non impone formalmente filtri o altri meccanismi per individuare il materiale protetto dal copyright.Il caricamento di contenuti su enciclopedie online senza finalità commerciali, come Wikipedia, su piattaforme per la condivisione di software open source, è escluso dagli obblighi fissati dalla direttiva. Le restrizioni del diritto d’autore, inoltre, non saranno applicate ai contenuti utilizzati per l’insegnamento e la ricerca scientifica.In Italia, l’approvazione della Direttiva sul copyright ha incontrato il favore delle principali associazioni del settore della stampa e della pubblicità. Fin dalle prime battute del dibattito hanno richiesto alle istituzioni europee provvedimenti legislativi che riequilibrassero i rapporti di forza tra società editoriali e creative e i grandi operatori del web. Tutto semplice e risolto? Potrebbe apparire così ad una prima lettura, ma sia in Italia che in tutta Europa non si placano le voci che sostengonoche le norme avranno conseguenze pericolose per la libera diffusione delle informazioni online. A proposito dell’Articolo 17 è stato evidenziato che se da un parte la direttiva non impone formalmente l’applicazione di filtri preventivi, nella pratica però il loro impiego sarà l’unico modo per non contravvenire alle nuove regole a tutela del copyright. E poiché questi strumenti tecnologici richiedono costi economici elevati, in molti temono che piattaforme e fornitori di servizi di minori dimensioni non potranno essere in grado di dotarsene senza avere poi ripercussioni gravi sulla loro operatività.Sono state aggiunte eccezioni, sono stati fatti aggiustamenti al testo ma i critici continuano a ritenere che l’articolo 17 ponga comunque limiti forti agli utenti di internet. In poche parole, se non vengono eliminati preventivamente tali contenuti, bisognerà pagare chi ne detiene i diritti: per gli utenti non cambierà nulla mentre per gli editori e le testate potrebbero accadere sconvolgimenti visibili già nei prossimi mesi. In particolare, gli editori di stampa acquisiscono inoltre il diritto di negoziare accordi (che restano comunque facoltativi) sui contenuti editoriali utilizzati dagli aggregatori di notizie. Sul fronte link, con la nuova direttiva si potranno condividere liberamente qualsiasi tipo di contenuto se accompagnato però da“singole parole”: fra i contenuti protetti da copyright vi saranno anche gli snippet, ovvero, il titolo e l’anteprima dei contenuti dei link. Una direttiva che tenendo conto del solo Google frutterebbe 1.5 miliardi di euro che andrebbero divisi fra i vari paesi, fra cui l’Italia, che otterrebbe indicativamente fra i 70 e i 100 milioni di euro. Quindi possiamo parlare di sostanziale cambiamento oppure di una ulteriore conferma di ciò che conoscevamo già, ovvero: i grandi gruppi con maggiore disponibilità potranno usufruire di sistemi di controllo a discapito dei piccoli gruppi che non potranno permetterselo? Libertà per chi in qualche modo la possedeva già e ristrettezze per chi invece corre l’inevitabile rischio di restare ingabbiato da regole restrittive e selettive. Resta così da capire concretamente come sarà applicata questa direttiva ed anche come reagiranno i motori di ricerca, piattaforme social e altri soggetti chiamati a mettersi in regola. A livello europeo il discorso si potrebbe definire già concluso ma nei singoli Stati nazionali che dovranno recepire il testo della direttiva e farlo proprio la situazione non è affatto conclusa. Le leggi nazionali potranno essere più o meno flessibili e questo potrebbe portare il crearsi di difformità di applicazione dei contenuti della direttiva stessa. In Italia, ad esempio, Lega e Cinque Stelle hanno attualmente i numeri in Parlamento per emanare una legge di esecuzione più permissiva ed è già stato dichiarato più volte l’intenzione di voler agire in questo modo. In pratica, in alcuni Stati ci sarà vita più facile per i titolari delle piattaforme web mentre in altri Stati ad essi verrà dato filo da torcere. Tutto tranne la creazione del mercato unico digitale europeo. Google e Facebook potranno continuare a fare ciò che credono dei contenuti (questa volta, a differenza di quanto accade oggi, li avranno pagati) e nessuno si accorgerà di nulla. Ci sarebbe da domandarsi come mai ad esempio contenuti discutibili, offensivi o che inneggiano all’odio continuino a circolare indisturbati, al contrario di post che invitano alla riflessione, al confronto ed alla crescita che si ritrovano immediatamente rimossi, ma questa è un’altra storia non ben nota, oppure palesemente nota che accettiamo. Liberi di pensare di essere liberi, tutto questo indipendentemente dalle direttive . Il termine copyright è di origine inglese e letteralmente vuol dire “diritto di copia”. In altri termini, trattasi di quello che comunemente viene definito“diritto d’autore”, soprattutto nei paesi del common law. In via meramente simbolica, si è soliti indicare il copyright con un cerchio contenente una c al suo interno oppure nel seguente modo“c”.Anche l’Italia, adeguandosi all’evoluzione normativa degli altri stati soprattutto di quelli appartenenti all’Unione Europea, dispone di un’apposita regolamentazione attualmente contenuta: – nella legge 22 aprile 1941 n. 633. In linea di massima, il diritto d’autore si acquista automaticamente con la realizzazione d’opera senza la necessità di alcun adempimento amministrativo, tuttavia nella realtà il deposito di un opera presso l’ufficio competente si rivela estremamente fondamentale. Infatti, in tal modo si può dimostrare non solo la paternità, ma anche la data di creazione dell’opera stessa e prevenire conseguentemente alcune controversie giudiziali. A tal proposito, nel settore legale si parla di prova di anteriorità in grado di consentire all’autore di far valere i propri diritti. In alcuni casi, poi, il deposito presso la SIAE è addirittura obbligatoria. Molte le persone che in questi giorni stanno dando internet per morto, Insomma, forse, prima di vederla in questo modo, dovrebbero attendere che la trattativa tra editori (e produttori di contenuti in genere) e grandi piattaforme fornisca i suoi risultati. E’ auspicabile che giungano ad un accordo che accontenti un po’ tutti. Un aspetto singolare risiede nel fatto che tutti quelli che hanno gridato alla fine della rete e alla censura non hanno fatto il minimo sforzo, in questi anni, per creare una soluzione accettabile per salvaguardare i diritti economici e autoriali di chi scrive, compone musica. In questi anni, si sono fatti rubare gusti, tendenze, preferenze, dati sensibili dagli algoritmi dei grandi player senza dire proferire parola. Il nocciolo della questione: si tratta di remunerare la produzione di contenuti se utilizzati per fare business. Quella sui contenuti quindi è la sfida tra le più dure nel mondo del digitale. Non si sono fatte attendere le reazioni del mondo politico e mentre ritroviamo esultante in un tweetAntonio Tajani,il Presidente del Parlamento Europeo, definendo la direttiva sul diritto d’autore ” una vittoria per tutti i cittadini”. Di avviso opposto è inveceLuigi Di Maioche bolla il voto come ” una vittoria tutta Europea che legalizza la censura preventiva”. Dario Franceschini, ex ministro della Cultura, via Twitter sottolinea che va a buon fine “una giusta battaglia per tutelare il diritto d’autore e la libertà creativa che ha sempre visto l’Italia in prima fila. Sino al voltafaccia della maggioranza nazionale, Lega e 5Stelle, oggi tra gli sconfitti da un voto storico”. Il senatoreRoberto Rampi, sempre del Pd, spiega che la direttiva è lo strumento migliore per “tutelare il lavoro intellettuale e creativo di migliaia di donne e di uomini”. Su Facebook il sottosegretario all’InternoCarlo Sibiliarincara la dose: “Oggi il Parlamento Europeo, con l’appoggio di Pd e Forza Italia, ha approvato la direttiva che impone ulteriori oneri di licenza ai siti web che raccolgono e organizzano le notizie rischiando così di colpire in modo rilevante la libertà di espressione e la partecipazione online”. Dura la reazione diVito Crimi:“Il Movimento 5 Stelle non è contrario ai sacrosanti princìpi che il copyright reca con sé. Siamo contrari al metodo e alla formula adottata dall’Ue. Laddove si è tentato di applicare una normativa del genere è stato un fallimento”. La parlamentare di Forza ItaliaElvira Savino, che ha dichiarato “chi crea contenuti si vedrà riconosciuto il diritto d’autore anche su internet. No alla pirateria, sì alle imprese culturali e creative italiane”. Va segnalato il rischio che Paesi come l’Italia (restando al governo la maggioranza grillino-leghista) rinuncino ad applicare il pacchetto di regole di garanzia che arriva dal Parlamento europeo. Uno scenario che potrebbe diventare possibile e non va tralasciato è quello del dopo elezioni del Parlamento Europeo di maggio. Infatti, gli equilibri attuali potrebbero uscirne completamente sconvolti, e la Direttiva approvata potrebbe essere cancellata da un successivo provvedimento normativo. Una voce contraria, è quella diMassimiliano Dona, Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori (Unc) che commenta così: “una pessima notizia. La riforma approvata dalla Ue, purtroppo, non riesce a coniugare la sacrosanta tutela del diritto d’autore con la facilità di accesso alle news, salvaguardando la libertà della rete ed il diritto dei consumatori ad un’informazione libera ed accessibile… Avevamo scritto ai parlamentari europei, denunciando che la previsione di una responsabilità assoluta per le piattaforme di condivisione online, sarebbe comunque andata a colpire il pluralismo e la diffusione delle notizie, rischiando di trasformarle in censori”. La tematica resta comunque senza dubbio controversa. Si è tralasciato il fatto che Internet avesse problemi più grossi dei quali occuparsi e che sembrano invece restare inosservati. Ogni tanto qualcuno solleva la questione, ma poi miracolosamente non se ne parla più. Questi sono aspetti su cui varrebbe forse la pena lavorare. Molte delle persone che navigano sul web di fatto, non sanno usare internet. Questo non si risolve facendo una legge, ma potrebbe diventare un buon punto di partenza. Troll, Fake e NetiquetteDi troll e FakeNews si è parlato ed anche troppo nel corso delle campagne elettorali, salvo poi relegare in soffitta il tutto. I troll fanno male? Sicuramente! Così come pure ne fanno le bufale. il legislatore potrebbe darci una mano, insieme ai grandi colossi, ad esempio trovando il modo di rendere gli account personali e direttamente collegabili a un documento o a una persona. Si potrebbe fare in modo che ognuno possieda il suo account personale proprio come un documento o un indirizzo fisico. Questo significherebbe maggiore responsabilità da parte delle persone, controlli più efficaci e meno volontà di far circolare bufale e notizie false. Revenge porn e truffe varieIl revenge porn, ovvero la diffusione di contenuti intimi sul web senza il consenso del protagonista e spesso dopo la fine di una relazione, ha già fatto vittime anche in Italia, e dovremmo occuparcene seriamente ed anche il prima possibile.La scarsa conoscenza delle regoleQuando si insulta qualcuno sui social siamo a conoscenza dei rischi ai quali si può andare incontro? Sappiamo che la diffamazione è un reato punibile penalmente? Sappiamo che quando vengono pubblicati contenuti molto forti oppure offese non si sta manifestando un dissenso, ma si stanno in modo più o meno conscio violando le regole?No, non credo. Se sì saremmo dei pazzi far circolare notizie false, quando non addirittura vere e proprie catene . Quando si viene a conoscenza di qualcosa di“clamoroso”non si deve condividere ma informare le autorità. In sintesi, sul copyright:L’argomento andava trattato, anche se questa direttiva presenta parecchi limiti messi in evidenza da persone ferrate n materia. Internet non è un grande prato verde sotto un cielo terso dove poter saltellare liberamente e questo soprattutto a causa dei nostri comportamenti.Il legislatore ed i colossi del web, dovrebbero impegnarsi nella ricerca di soluzioni che possano rendere il web un posto migliore in questo modo potremmo stare tutti meglio: persone, aziende e chi lo utilizza per lavoro.
