POVERTÀ. COME L’ELETTORATO PROGRESSISTA FINISCE A DESTRA

POVERTÀ. COME L’ELETTORATO PROGRESSISTA FINISCE A DESTRA

Quando la povertà non è la particolare condizione di una limitata cerchia di poveri, ma è destino globale, collettivo, di classe sociale, ha una dignità che spinge a condividere e a fare fronte comune e lottare progressivamente per superarla. Diversissimo è quando invece una cerchia di persone progressivamente e violentemente viene espulsa dalla classe media con austerità e precarizzazione e viene ricacciata regressivamente alle soglie e sotto la povertà. Queste persone non accettano di avere cambiato classe per retrocessione e non addebitano la cosa alle classi abbienti: si sentirebbero di accusare se stessi, la classe cui si sento disperatamente di appartenere ancora. Accusano quelli che stanno ancora peggio di loro, i poveri, gli extracomunitari, i rom, i diversi. Facendo il gioco dell’establishment. È così che un elettorato progressista, anche comunista, finisce a destra. Inutile e infantile ricordare a queste persone quando loro erano povere; allora erano una classe sociale di poveri, oggi si sentono dei singoli borghesi “perdenti”. Finiscono a destra per il combinato di due forze:– una sinistra che per 30 anni ha sbandierato per sinistra politiche neo liberali come tagli allo stato sociale e flessibilità del lavoro. È arrivata la crisi ed è stato il baratro per la classe media, la spina dorsale del voto progressista e della qualità della democrazia.– una sinistra che di fronte al baratro, anziché provare a rimediare ai disastri fatti, si limita istericamente ad urlare al “fascismo” e al “razzismo”… invitando alla rivolta morale in nome di astratti e “radical” diritti civili persone colpite nella carne delle prospettive materiali della propria vita e dei propri figli dalla crisi drammatica e dalle loro politiche. C’è un solo modo per recuperare queste persone ad una prospettiva progressista: ascoltare senza senso di superiorità le loro paure, nulla si fa senza consenso, e non chiudere gli occhi sulla realtà. Non sarà il mercato del lavoro in una società sempre più automatizzata – sicuramente non nel medio lungo periodo – a produrre una classe media spina dorsale di una società democraticamente matura. Sarà il riconoscimento di una partecipazione alla ricchezza, ad una vita dignitosa, come mero corollario della cittadinanza.