NOI, VITTIME DI UN’EUROPA SPIETATA

NOI, VITTIME DI UN’EUROPA SPIETATA

Domenica scorsa in Russia la coda di un aereo è andata in fiamme durante l’atterraggio. In quella coda c’erano decine di passeggeri. Alcuni sono morti subito. Altri no. Altri si erano salvati. Ma sono morti lo stesso, poco dopo, durante l’evacuazione. Hanno cercato di scappare dall’area in fiamme correndo lungo il corridoio per raggiungere la zona “fortunata” dell’areo, quella che la sorte aveva voluto non invasa dalle fiamme e dal fumo e dove c’era l’uscita d’emergenza aperta. Ma non ce l’hanno fatta. I passeggeri che erano nella zona fortunata, anziché uscire subito permettendo così anche agli altri di salvarsi, hanno dato la priorità ai loro bagagli, prendendosela comoda, cercando nelle cappelliere borse, valige, trolley, ostruendo così la fuga agli altri. La gente dietro spingeva per avere salva la vita, ma loro non si muovevano perché dovevano recuperare prima il trolley. E una volta presi i trolley con quelli hanno occupato spazio vitale, hanno rallentato ulteriormente la fuga, e alla fine chi urlava dietro di loro, chi implorava, chi era ancora vivo, è stato raggiunto dalle fiamme. Ed è morto arso vivo. Dimitry Khlebushkin, uno dei passeggeri che ha ostruito la fuga agli altri, una volta a terra col suo zaino, intervistato dalle tv, imperturbabile, ha detto che la compagnia aerea si è rivelata “spietata” con lui. Spietata. Perché non gli aveva ancora rimborsato il biglietto. Mentre i cadaveri di 41 persone che erano con lui ancora fumavano. Oggi milioni di italiani, di europei, si sentono tanto migliori di Dimitry Khlebushkin. Si sentono tanto diversi da lui. E per lui provano ribrezzo. E mi chiedo quale sia la differenza tra lui e tutti noi, nati nella parte fortunata dell’aereo, che davanti alle richieste di aiuto, di salvezza di migliaia di esseri umani in fuga dalla Libia in fiamme, li rispediamo verso quella coda dell’aereo consapevoli della loro sorte. Perché farli passare, tenerli per qualche mese in un centro di accoglienza, o semplicemente tenerli lontano dalla coda dell’aereo in fiamme, ci costerebbe qualche euro a testa. E noi dobbiamo dare la priorità a quell’euro, allo zaino nella cappelliera. Peggio per loro che hanno avuto dalla sorte il posto in coda. Non è un problema nostro. Che qui noi siamo le vittime. Noi. Anche di un’Europa spietata che non ci ha ancora rimborsato per intero il biglietto.