VILE, TU UCCIDI UN UOMO MORTO
Pensavo che quella tra Di Maio e Di Battista fosse un’alternanza strategica ben studiata a tavolino intesa a trarre profitto dai pantagruelici appetiti dei due, di quattrini e potere quelli del primo, di quattrini e gloria quelli del secondo. Mi sbagliavo, almeno in parte. E con me si sbagliavano anche Grillo e Casaleggio, perchè ciò che il Dibba aveva in mente non era un’alternanza, era un’imboscata. Un’imboscata ben studiata e non difficile da concepire, perchè che il destino di Di Maio fosse segnato dall’alleanza con il Salvini, infinitamente più scaltro e spregiudicato di lui, era nell’ordine delle cose. Sull’altare del potere Di Maio ha sacrificato tutto ciò che poteva. Gli ideali e i principi del Movimento, l’ordine costituzionale, la credibilità internazionale e con essa la propria, ed infine la propria dignità. Ridotto ad una nullità politica ed umana a Di Maio non rimane che rivolgere al suo amico di un tempo le parole che Francesco Ferrucci rivolse a Maramaldo:“Vile, tu uccidi un uomo morto!” Ovviamente questa considerazione mai si affaccerà all’anima bella e sempliciotta degli elettori grillini che con il loro sguardo romantico già iniziano a delineare il Dibba come una specie di Libertador, un eroe coraggioso pronto a mettere sul piatto se stesso e tutto ciò che rimane. Peccato non sia rimasto nulla, e il Salvini ringrazia di cuore. Bacioni
