“NON C’E’ ALCUNA RAGIONE PER CUI DOBBIAMO ESSERE FRATERNI”, DICE UNA SIGNORA

“NON C’E’ ALCUNA RAGIONE PER CUI DOBBIAMO ESSERE FRATERNI”, DICE UNA SIGNORA

«Non c’è alcuna ragione per cui dobbiamo essere fraterni», dice una signora in metropolitana, in dialogo con un uomo, entrambi cinquantenni, non so che cosa sistessero dicendo ma quella frase, mentre scendono, si isola e mi arriva, così. E ha ragione, se parla di ragione. Perché dovrei essere fraterno? Il vicino di sotto fa casino, lo dico in assemblea, lui dice che l’altro giorno mentre posavo l’umido ho sporcato il cortile. L’idraulico cento euro senza fattura o centocinquanta con, io dipendente le tasse le pago tutte. Qualcuno mi ha bocciato la macchina, l’ho trovata nel parcheggio ammaccata, nessun biglietto. L’oculista cinque minuti 310 euro, io devo lavorare una settimana. E in questo conflitto siamo lucidissimi a giudicare il male degli altri, un po’ offuscati però se guardiamo al nostro. Noi siamo buoni. E i nostri non sono mai privilegi, ma risarcimenti per danni che ci inventiamo, secondo parametri discutibili – ma mai in discussione, di aver subìto. Chiunque ha un torto, un’ingiustizia che non passa.Davvero, che ragione c’è, ad essere fraterni? Ieri sono entrato in una farmacia, la porta era chiusa per l’aria condizionata. Dalla porta non si vede il banco, occorre voltarsi verso sinistra di novanta gradi. Devo essere stato un gatto, perché ho visto, appena girati gli occhi, due camici bianchi staccarsi d’improvviso, come se fossero stati tirati via da due potentissimi magneti, o da un invisibile braccio meccanico gigante. Due dottori, sui trent’anni, la dottoressa Laura R – come da targhetta sul taschino – e il dottor Giacomo M. Ho passato le ricette a lei, aveva gli occhi bassi, lui ha improvvisato l’improrogabile necessità di sistemare dei misuratori di pressione da uno scatolone allo scaffale, dandoci la schiena. Lei aveva le guance rosse, quando ho pagato ha ancora abbassato gli occhi. Erano bellissimi, negli attimi della loro intimità squarciata dalla mia entrata improvvisa. Non c’è ragione, perché si stessero baciando, o stessero parlandosi all’orecchio, o lei gli stesse accarezzando il collo, o lui una guancia. Non c’è ragione se si amano e il titolare non lo sa, o non lo sanno i reciproci fidanzati, o sono fidanzati loro due e non si fa, davanti al cliente. Eppure. Siamo, per fortuna, molto più dell’indispensabile ragione. Siamo cuore, ogni tanto accarezziamolo, non vergogniamoci di coccolarlo, anche e soprattutto in mezzo agli altri, in pubblico, sui social.