UN MOJITO LIBERATORIO

La trattativa in corso per la nascita del governo giallorosso è destinata ad un inevitabile aborto per la presenza di tre micidiali paradossi. Vediamoli: 1. I parlamentari del M5S sono disposti a tutto pur di non andare ad elezioni che li vedrebbero dimezzati o peggio, ma Di Maio è disposto anche a dimezzare il Movimento pur di non perdere il potere seppur fittizio che Salvini gli aveva concesso. 2. Imponendo lo spirito e l’impianto dei Decreti Sicurezza il capo politico del Movimento si qualifica definitivamente di estrema destra, non diversa da quell’estrema destra a cui il PD vorrebbe sbarrare il passo alleandosi col Movimento. 3. Affermando l’ineludibilità dell’approvazione di Rousseau il capo politico si dichiara nella migliore delle ipotesi privo dei poteri e delle deleghe indispensabili per condurre una trattativa, nella peggiore pretende che la controparte accetti di giocare una partita con i dadi truccati dove se vince si tiene i quattrini e se perde glieli restituiscono. Tutti e tre i paradossi nascono dalla presenza al vertice del Movimento di Di Maio, un ragazzotto dall’ambizione smisurata senza alcuna qualità visibile che in poco più di un anno ha trasformato un rutilante successo elettorale nel crollo più fragoroso dopo quello di Notre Dame. Se il M5S fosse davvero il tempio della democrazia diretta uno così verrebbe spazzato via nel tempo che serve per bersi un mojito, non un minuto di più.