QUANDO WHATSAPP TI COMPLICA LA VITA

QUANDO WHATSAPP TI COMPLICA LA VITA

Io sono una di quelle insegnanti che usano WhatsApp. Maledizione a me e a quando ho incominciato ad usarlo. Perché per poter farne un uso appropriato e utile, si dovrebbero frequentare dei corsi. Ci sono dei genitori molto apprensivi, che si uniscono per sorvegliare e vigilare su noi docenti. Genitori così competenti, da poterci istruire sulle competenze digitali, dato che in un batter baleno sanno esattamente quando vado a fare la pipì, mi soffio il naso e disperatamente, sbatto la testa sull’angolo della cattedra. Questo diventa frustrante prendendo il diuretico per la pressione alta e ogni 2 ore, devo fare una volata con vari slalom tra allievi, collaboratori, insegnanti per guadagnarmi la porta del bagno cantando l’Inno alla gioia. Ma ormai è un classico, il bagno è occupato. Allora incomincio a contare, a fare esercizi ginnici improbabili. Timidamente, busso e sento: “Ho quasi finito”. Quel quasi mi destabilizza. In tutto ciò è molto probabile che nell’app dei genitori sappiano già i valori della mia pressione, glicemia, colesterolo e trigliceridi. Io devo solo fare la pipì. Ma intanto squilla la campanella mentre io faccio una spaccata scomposta in seconda posizione. Immagino i genitori in allarme, mentre io sono ancora abbarbicata alla porta del bagno, che di solito, poi, non si chiude mai. E mentre fai pipì sollevata dalla tavoletta e con una mano tieni ferma la porta per non far entrare il collega che intanto sta facendo una spaccata scomposta in quarta posizione, immagini l’ Emoji che ti stanno massacrando.Rientro in classe soddisfatta cantando “Così parlò Zarathustra”, e spero di essere a posto fino alla fine delle lezioni. Ma la mia vera tragedia, inizia quando sbaglio a mandare i messaggi: i messaggi di scuola li mando al mio macellaio, quelli del macellaio li mando al referente di plesso, quelli per il referente di plesso li mando a mia sorella. Ma non tutto viene per nuocere. Noi insegnanti abbiamo bisogno dei genitori per supportare la nostra didattica, i nostri “progetti”, la nostra istruzione. Ma mi raccomando, non mettetevi mai al disopra della nostra professionalità, perché tutto ciò diventerebbe danno per i ragazzi, che rischiano di non imparare assolutamente nulla di buono o di utile sulla società. Sui ruoli e sul rispetto.‬‬‪La scuola insegna, i genitori educano i figli. E vi prego, fatemi fare la pipì in pace.‪‪‪