AMA, DOPO DIMISSIONI CDA LA RAGGI PREFERISCE UN FEDELISSIMO. ZAGHIS AMMINISTRATORE UNICO

La cattiva notizia è che si rischia un caos dei rifiuti a Roma peggiore dell’attuale, dopo le dimissioni del Cda dell’Ama, la municipalizzata che ne gestisce la raccolta. La notizia ancora più cattiva, quella buona proprio non c’è mai dalla Capitale, è che si andrà ad aggiungere al caos già esistente di una città martoriata dalla cattiva gestione dei servizi essenziali per la collettività, bocciati senza appello dai cittadini, come spiega la XII indagine dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici presentata pochi giorni fa. I consumatori insorgono, lo fa il Codacons, per bocca del suo presidente Carlo Rienzi, considerato vicino a M5S, il partito che esprime sindaca e giunta, che parla di “pericoli igienico-sanitari per i residenti”, chiedendo inoltre “una riduzione della Tari in capo alle famiglie, dal momento che a Roma si paga la tariffa più alta d’Italia a fronte di un servizio inefficiente”. I consumatori chiedono al Comune di avviare un’azione di responsabilità nei confronti dei vertici dell’azienda per le ripercussioni che la decisione di dimettersi del Cda avrà sulla città e sui suoi abitanti, ma difficilmente Virginia Raggi lo farà, visto che il Consiglio d’amministrazione dell’Ama si è dimesso, per la seconda volta in tre mesi e mezzo, e per lo stesso motivo, in polemica con il tentativo della sindaca di togliere dal bilancio Ama i 18,3 milioni di euro che l’azienda vanta verso il comune di Roma. Facciamo un salto indietro per spiegare la drammatica situazione in cui si trova da mesi l’Ama. Nellalettera di dimissioni la presidente uscente Luisa Melara, l’amministratore delegato Paolo Longoni e il consigliere Massimo Ranieri, parlano esplicitamente di inerzia e mancanza di collaborazione da parte della giunta comunale. Minimizzano sulla questione dei 18,3 milioni, ma la presidente parla dei “104 milioni che Ama avrebbe dovuto incassare in virtù del contratto di servizio del 2014 e l’inerzia nel procedere agli iter amministrativi per liquidare 30 milioni incagliati dal 2009 nella gestione commissariale”. Anche se queste risorse non sanerebbero il bilancio della società, secondo la Melara consentirebbero la provvista per gli investimenti del piano operativo 2019-2020. Nessuna questione politica dunque, ma una lezione di stile amministrativo alla giunta Raggi, accusata di trattare l’azienda come un’emanazione diretta del Campidoglio che impedisce agli amministratori di agire e recuperare risorse. Le stesse accuse in sostanza che partirono dal precedente presidente di Ama, Lorenzo Bagnacani, rimosso per queste critiche alla giunta nel febbraio scorso. Da allora però i romani hanno visto soltanto peggiorare la situazione della raccolta rifiuti. E’ il quinto fallimento in due anni per la gestione dell’Ama e non s’intravede nessuna luce ma soltanto il tunnel. Alcuni giuristi interni al Campidoglio fanno sapere, con assoluta circospezione e segretezza, che se un amministratore accettasse di redigere nero su bianco il bilancio dell’Ama con le voci suggerite attualmente dal Campidoglio, rischierebbe di commettere un illecito penale perseguibile dalla Corte dei Conti. Ma Virginia Raggi non si scoraggia e ci riprova imperterrita, nominando immediatamente amministratore unico di Ama Stefano Zaghis, ex portavoce del presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione. Zaghis è considerato un fedelissimo della sindaca, uno degli ultimi ormai, e vanta esperienza nella gestione di fondi immobiliari. Nel suo cv tuttavia non compare alcuna esperienza nella gestione di settori ambientali. Ma vista la situazione in cui è ridotta l’Ama questo diventa soltanto un particolare irrilevante per chi privilegia la fedeltà politica all’efficienza dei servizi.