1989. I GIORNI DELLA RIVOLUZIONE DI VELLUTO IN CECOSLOVACCHIA

Sono trascorsi trent’anni da quella storica data del 17 novembre 1989 quando, con una lunga serie di imponenti manifestazioni pacifiche la Cecoslovacchia si trasformò politicamente da Stato comunista a democrazia pluralista. Quei giorni sono ancora impressi nella mente di tutti i partecipanti. Dopo 46 anni di socialismo reale, nella sfera dell’URSS e membro del Patto di Varsavia il paese conosce un cambiamento e una nuova realtà realtà politica che nessuno aveva sperato potesse accadere. Dopo la caduta del Muro che divideva la Germania federale dalla Germania filosovietica tutti gli altri paesi del blocco orientale, già in fermento, in rapida successione temporale hanno scelto la libertà. Ma l’evento che ha cambiato la storia del popolo cecoslovacco era stato anticipato da accadimenti che furono determinanti. Dall’insediamento di Gorbaciov a capo dell’Unione Sovietica si avvertiva il vento dell’apertura con la Perestroika e la Glasnost. Una delle sue prime riforme fu la non ingerenza del Pcus verso i paesi satellite. Un significato enorme che risvegliò, in parte, nelle coscienze della popolazione, quel sentimento di malessere e insoddisfazione verso il potere comunista. L’economia centralizzata era diventata una macchina fallimentare, la produzione era scarsa e inutilizzabile. Il socialismo reale si stava sgretolando. Tutto questo era ben presente a Gorbaciov e ai capi di stato dei paesi dell’Europa orientale. Due anni prima del 17 novembre 2019, data considerata l’anniversario della Rivoluzione di velluto, in Cecoslovacchia avvenivano eventi e manifestazioni non autorizzate dal partito. E dall’inizio del 1989 si capiva che qualcosa stava per accadere. Il leader dei dissidenti Václav Havel, futuro primo presidente della Cecoslovacchia democratica e primo presidente della Repubblica Ceca raccontò di essere stato preso dalla StB, la polizia segreta, nell’estate del 1989 e in macchina uno dei due agenti gli chiese “Quindi signor Havel, quando scoppierà?”. La manifestazione che dette inizio alla rivoluzione fu il 17 novembre, il giorno commemorativo dell’uccisione dello studente Jan Opletal e il 50esimo anniversario della chiusura delle università ceche da parte dei nazisti nel 1939. Gli organizzatori della manifestazione intendevano onorare la memoria dello studente ma contemporaneamente esprime l’insoddisfazione nei confronti del regime. Nel pomeriggio del 17 novembre i manifestanti iniziarono un corteo che si snodò per le strade del centro storico di Praga, partendo da Albertov e dirigendosi verso le strade vicine. Mentre il numero dei partecipanti diventava sempre maggiore la manifestazione si spostava verso la Národní třída cantando e incitando al cambiamento con slogan e striscioni. In serata le forze dell’ordine in tenuta antisommossa chiusero il corteo da due lati stringendoli in una morsa mentre la polizia segreta in borghese arrestava i dissidenti. La manifestazione culminò con arresti e pestaggi molto duri. Girò voce che uno studente era morto. In seguito si seppe che era una falsa notizia ma sul momento montò la rabbia, fu proclamato l’inizio di un movimento, Občanské Fórum, il Forum Civico che riuniva i dissidenti, i firmatari della Charta 77, gli studenti e gli intellettuali dando vita a una serie di manifestazioni nei giorni successivi e proclamarono uno sciopero generale di tutte le categorie di lavoratori. Intanto il governo continuava a reprimere ma sempre con minore intensità. Si dice che durante quel brevissimo lasso di tempo dal 17 novembre al 29 dicembre, giorno di insediamento di Havel, i governanti si fossero passati numerosi privilegi fra di loro come se il progetto fosse stato di sostituire l’apparato politico esistente con uno nuovo ma sempre comunista. Il clima delle manifestazioni fu sempre improntato al pacifismo. E non ci fu spargimento di sangue. In un clima di grande ingenuità il gruppo dissidente che faceva riferimento a Havel promosse, insieme alle manifestazioni e lo sciopero, un’attività di dialogo e di trattative con il partito comunista che nonostante le varie fratture interne il presidente Husak comunicò le sue dimissioni all’Assemblea federale . La StB si stava già preparando al cambiamento, quindi iniziò a far sparire alcuni documenti sensibili in una cava abbandonata vicino Pilsen. Poco dopo il Congresso del Partito Comunista sciolse i corpi speciali e annullò lo stato di allerta in tutto il paese. Il 29 dicembre Václav Havel fu eletto presidente della Cecoslovacchia e Alexander Dubček fu nominato presidente dell’Assemblea federale. Il cammino verso la libertà e la democrazia era iniziato.